Amato o odiato, o semplicemente (snobisticamente) snobbato, l’ultimo film di Giuseppe Tornatore, La migliore offerta, ha le potenzialità per ritagliarsi una sorta di pubblico nel pubblico: non solo quello dei cinefili – in questo caso, il film è alla portata di una platea già folta – ma anche quello degli amanti d’arte. Chissà quanti tra questi ultimi avranno provato a cimentarsi in un fuggevole esercizio di “attribuzione” nelle scene in cui il protagonista, Mr. Virgil Oldman (Geoffrey Rush), si gode la propria kunstkammer di ritratti. Fuori dai paroloni: l’indovina-chi. Noi ci abbiamo provato, ma in seconda battuta, sfruttando soprattutto il trailer – quindi con limiti di tempo abbastanza stringenti – e la memoria della prima visione. Ne abbiamo cavato una curiosa top ten dei ritratti che appaiono nella stanza dell’antiquario nel film: l’occasione di un fantasioso excursus sul genere. Per le immagini, vedi la gallery in basso.
10° posto – Sofonisba Anguissola, Autoritratto alla spinetta, 1554-55. Tra i dipinti che s’intravedono nella collezione di Virgil Oldman c’è quest’opera di una pittrice cremonese tutt’altro che di secondo piano, sia per essere stata tra le prime donne ad aver conseguito una posizione di rilievo nel panorama artistico, sia per l’influenza sul corregionale Caravaggio, un secolo dopo, quanto alla ricerca di veridicità nell’espressione degli stati emotivi (il suo Ragazzo morso da un granchio varrà da modello per il Ragazzo morso da un ramarro del Merisi). Nell’autoritratto alla spinetta, che evidenzia la completezza dell’educazione dell’autrice, nonostante la rivendicazione culturale sulla formazione musicale, il taglio dà allo spettatore un senso di adiacenza, piuttosto che di distanza. La nota fredda del panno verde, in fuga verso la profondità, è uno smalto bruciato nell'ombra.
9° posto – Franz Xaver Winterhalter, Ritratto di Pauline Von Metternich, 1860. Nel film di Tornatore s’intravede anche questo dipinto, sia pure in formato rettangolare. L’originale di Winterhalter, pittore tedesco ambitissimo dalle corti di tutta Europa, è un tour de force di trasparenze e fruscii di consistenza serica, ardito tanto nel taglio quanto nel contrasto di luce tra candore della veste ed oscurità frondosa del fondo. La pannosità dissolta delle velificazioni è degna del miglior Hayez, anche se trattamento della luce e taglio fanno pensare ad un precedente più antico: il Savoldo. L'effigiata era un'apprezzata esponente dell'aristocrazia del tempo, precoce sostenitrice di Richard Wagner.
8° posto – Rose-Adélaïde Ducreux, Autoritratto con arpa, 1791. Altro autoritratto femminile, quello della Ducreux – peraltro rappresentata anche da Jacques Louis David – traduce il languore della posa nella significazione della doppia passione, artistica e musicale, della pittrice. I barbagli d’argento lungo la parte inferiore della veste si compongono in un melodioso gioco di luci, riscaldandosi violentemente in quel panno così tizianesco che ricopre il tavolo.
7° posto – Vittorio Matteo Corcos, Nel giardino, 1892. Famoso soprattutto per l’iconico ritratto Sogni (1896) della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Vittorio Matteo Corcos è un pittore capace di innestare sulle proprie ricerche realistiche, maturate a contatto con Domenico Morelli, una freschezza tutta francese, rinvigorita da un soggiorno parigino all’inizio degli anni ’80 del XIX secolo. Nel dipinto in questione, squisito per composizione e contrasti di tono, la solidità della veste scura si contrappunta ad un fondale come abbacinato e liquefatto dalla verve chiarista.
6° posto – Amedeo Modigliani, Femme aux Macarons, 1917. Da un livornese all’altro… Tra le opere più facili da individuare nella collezione di Virgil Oldman ne La migliore offerta di Giuseppe Tornatore, c’è un dipinto di Modigliani che ci pare di riconoscere nella nota Femme aux Macarons, opera autunnale ritrovata nello studio del pittore nel 1920. Finemente calibrato nel raffinato corrispondersi della scollatura con l’attaccatura dei capelli, questo ritratto femminile esalta l’elegante capacità di sintesi del pittore: un occhio non più analitico, a differenza di quello dei più destri pittori dei secoli precedenti, ma uno sguardo capace d’innalzare slanciati obelischi alla bellezza femminile, percepita nella lirica essenzialità delle forme.
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