Lucian Freud

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Il 1944 vide alla Lefevre Gallery di Londra il debutto non solo di Francis Bacon, ma anche di un altro artista destinato ad essere uno dei capisaldi della pittura britannica: Lucian Freud.

Nato nel 1922 a Berlino, da famiglia di origine ebrea (il nonno era Sigmund Freud, padre della psicanalisi), si trasferisce a Londra con tutto il parentado nel 1933, per evitare le ripercussioni dell'ascesa nazista. Una volta nella capitale britannica, intraprende gli studi artistici, che lo portano dapprima alla Central School of Art, dopodichè alla East Anglian School of Painting and Drawing di Cedric Morris (pittore classico della tradizione paesaggista inglese) e, per finire, al Goldsmiths' College nel 1942-3.
Alla mostra alla Lefevre Gallery era presente anche The painter's room, quadro ora considerato tra i capolavori dell'artista. Le prime opere di Freud sono di chiara matrice surrealista, e generalmente rappresentano persone e piante, giustapposte in maniera del tutto inusuale. Le tele ai tempi erano dipinte con colori chiari e sottili, dall'atmosfera tranquilla.

Fino alla metà degli anni Cinquanta, l'artista dipinge con questo stile, molto preciso e calibrato, che gli viene dagli studi alla East Anglian School of Painting and Drawing. La scuola era molto informale, e dalle parole dello stesso Freud “No teaching much but there were models and you could work in your own room”*. Il modo del giovane di imparare a dipingere era provare, sbagliare e riprovare.
È nel 1956 che, abbandonando il suo stile e i suoi vecchi pennelli, Freud comincia ad elaborare la proprio tecnica, talmente originale e nuova, da diventare immediatamente un marchio. Inizia a dipingere ritratti, molto spesso nudi, con la quasi completa esclusione di qualsiasi altro, usando un colore molto pastoso e denso, e pulendo gli strumenti dopo ogni pennellata; le tinte dei quadri sono smorzate e attutite. Un altro cambiamento nella tecnica fu quella di iniziare a dipingere in piedi e non da seduto, cosa che influenza il lavoro con un tocco più atletico e vigoroso.


Spesso i ritratti di Freud rappresentano solo chi posa, il più delle volte sdraiato nudo sul pavimento o sul letto, solo in sparute occasioni i modelli sono giustapposti con qualcosa altro nell'ambiente. I suoi soggetti sono le persone che gravitano nella sua vita: amici, parenti, colleghi pittori, amanti o bambini; “The subject matter is autobiographical, it's all to do with hope and memory and sensuality and involvement, really.”** Questo nuovo approccio ricevette una risposta contraddittoria dai critici, alcuni dei quali usarono parole come “scioccante”, “violento” e “emozionante”.
Dopo la fase di transizione degli anni Sessanta, lo stile di dell'artista si assesta in una forma ferma e consolidata.
"I paint people," ha dichiarato Freud "not because of what they are like, not exactly in spite of what they are like, but how they happen to be."*** Nei suoi quadri trasferisce tutta la personalità dei suoi soggetti, dopo averla studiata a lungo, seguendo un approccio molto vicino ai filosofi esistenzialisti. Tra i suoi modelli ci sono gli amici e colleghi Frank Auerbach e Francis Bacon, il performer Leigh Bowery, e tutto il mondo che gravitava intorno al quartiere di Soho a Londra, città dalla quale non si sposterà mai.
Leigh Bowery mentre posa per Lucian Freud con il quadro Leigh under the Skylight, 1994

Come pittore, Lucian Freud lavorava molto lentamente e cautamente. Gli stracci con cui puliva il pennello dopo ogni tocco ricoprivano interamente il pavimento del suo studio, e dal 1980 entrarono a far parte dell'iconografia dei quadri stessi. Spesso, al pittore occorrevano mesi per completare una sola tela, e non era inusuale che le opere venissero distrutte nelle prime fasi di lavorazione. Solitamente, aveva tre o quattro tele in preparazione nello stesso momenti, a cui lavorava in turni di due o tre sessioni di pittura al giorno, iniziando la mattina presto nello studio di Holland Park – con il soffitto vetrato – per terminare nel suo studio serale, illuminato artificialmente.
Sempre negli anni Ottanta, le dimensioni delle tele aumentano, per donare maggior ariosità allo spazio intorno al modello. Spesso, ciò avveniva aggiungendo lembi di tela mentre il quadro veniva dipinto, cosa che, a lungo andare, portò a quadri di forma irregolare.


Nel 1988 e nel 1989 Lucian Freud fu nominato per il Turner Prize, ma in nessuna delle due occasioni riuscì ad aggiudicarselo, battuto da scultori con Tony Cragg e Richard Long. Il percorso pittorico di Freud denota la sua sostanziale solitudine nel panorama inglese: certo era legato affettivamente ai grandi Bacon e Hopper che influenzò e dai quali venne influenzato, ma scelse comunque di rimanere in ambito spiccatamente figurativo, senza nessuna inclinazione per l’astrazione, che era assolutamente imperante. I suoi punti di riferimento erano i grandi pittori del passato, a partire dai ritrattisti olandesi come Frans Hals e poi giù fino a Watteau, Corot e Cezanne.
Nonostante internazionalmente riconosciuto come uno dei più importanti artisti in vita, ci sono state molto poche occasioni di vedere i dipinti e le incisioni di Lucian Freud in Gran Bretagna. Nel 1996 la Abbot Hall Art Gallery a Kendal, nell'Inghilterra del Nord, organizzò una mostra di ventisette tele e tredici stampe, che coprivano l'intera carriera dell'artista fino a quel momento. A questa seguì la grande retrospettiva alla Tate Britain nel 2002.
L'ultima occasione che ha avuto Lucian Freud per tornare alla ribalta è stato, nel periodo da maggio 2000 a dicembre 2001, il ritratto ufficiale della Regina Elisabetta II, considerato dalla stampa britannica molto poco lusinghiero e rispettoso nei confronti della Reale.

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* “Non insegnava molto, ma c'erano i modelli, e si poteva lavorare nella propria stanza”
** “La questione del soggetto è autobiografica, ha tutto a che fare con speranza, memoria, sensualità e partecipazione, davvero.”
*** “Dipingo le persone -...- non per come appaiano né a dispetto di come appaiano, ma per come sono veramente.”

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