Oltre il buio. Meditazioni sulla morte: Georges Rouault, Damien Hirst e Domenico Paladino | Stefania Nano

ROUAULT, oltre il buio, recensione

 

Oltre il buio. Meditazioni sulla morte: Georges Rouault, Damien Hirst e Domenico Paladino

di Stefania Nano

 

La mostra, a cura di Andrea Dall’Asta ed Elena Pontiggia, è una meditazione. Come tale richiede silenzio, semplicità, stimoli sintetici. Non dunque opere che parlano direttamente alle emozioni, come forse ci si aspetterebbe considerato il tema, ma solo tre artisti che rappresentano riassunti e simboli dei pensieri che ruotano attorno alla morte, distinti nelle varie epoche, ma trasversali nell’atemporalità della riflessione.

Crea una strana impressione passare dal teschio scintillante di Damien Hirst, con la sua carica provocatoria, alla sacralità religiosa dei disegni di Rouault, per poi posare lo sguardo sui colori accesi delle tele di Paladino. Sembra parlino di “morti” diverse, tre modi distanti l’uno dall’altro di affrontare non la morte in sé, ma il pensiero della morte, in fondo l’unica cosa che può fare l’arte e l’uomo su questo momento: pensarlo, immaginarlo, meditarci sopra. Penso quindi (ancora) sono.

I carati di Hirst ricoprono di splendore ciò che resta di un corpo che è ormai scomparso, in un’esorcizzazione che tende all’esaltazione parossistica. Un simbolo della fine umana, così finto (il cranio è un calco di platino) e decorativo in questa versione alla Hirst, parla di una paura che si nega. Le quattro serigrafie che ritraggono la celebre opera dell’artista esaltano nella ripetizione la ridondanza effimera e seduttiva dell’”oggetto”. La quadruplicazione non fa che accentuare il senso di impotenza di fronte alla morte che si ripete costante e uguale per ogni uomo. Perde forse in forza emotiva rispetto all’originale, ma estrae dall’opera la parte pensante tramite la rappresentazione di se stessa. Lo sguardo moltiplicato, il cui vuoto è reso ancora più profondo dalla pienezza lucente dei brillanti, si rivolge ai disegni di Rouault.

Spessori neri che sottolineano la Passione di Cristo e che creano similitudini, nei tratti di Miserere, con l’anima grottesca e triste della fine umana. La metafora si interrompe quando quegli stessi segni diventano come le giunture di una vetrata che celebra Christ en Croix, la cui lucentezza e colore trasparente non è nel destino degli uomini. Quelle di Rouault sono tavole che raccontano, come illustrazioni di una storia, la miseria degli uomini, avvolti in atmosfere fumose e, insieme, mediante la medesima tecnica (acquatinta allo zucchero), l’umanità trascendente del divino. Rouault, interprete di quell’umanesimo integrale di cui parlava Maritain, descrive un’umanità imprigionata nella sua limitatezza, ma sempre illuminata, sullo sfondo, da un chiarore che ridona speranza. “Questo realismo non è assolutamente un realismo delle apparenze materiali, è realismo del significato spirituale di ciò che esiste (e si muove, soffre, ama); è un realismo permeato dai segni e dai sogni commisti all’essere delle cose. Il realismo di Rouault trasfigura ed è una cosa sola con il potere rivelatore e il dinamismo poetico di una pittura che, mentre vive di fede e di spiritualità, resta ostinatamente attaccata alla terra” scriveva Maritain a proposito dell’opera del suo amico pittore.

Le opere di Domenico Paladino invitano ad un viaggio in tempi e spazi lontani, dove la forza del simbolo richiama alla mente immagini sepolte nell’inconscio collettivo. I segni sulle tele è come se apparissero per evocazione dell’artista. I colori accesi e le forme primitive, quasi danzanti, lasciano tracce sulle tele Veronica, le quali, come sudari, recano impressi i segni della morte, la cui presenza è destinata a non sbiadire nei secoli. Hanno la forza speranzosa e a tratti magica associata alle reliquie, traducendo quei residui pagani presenti in ogni fede religiosa nel momento in cui si confronta con la morte. Osservando le tele di Paladino, infatti, si oscilla tra la sensazione di essere circondati da un reliquiario e dai resti di un rito funebre di una tribù primitiva.

Ognuno, tra queste forme filosofiche di pensare la morte in forma artistica, può trovare lo stimolo meditativo più vicino a sé, ma è certo che il memento mori di Damien Hirst è specchio della “meditazione” odierna, che opera per negazione e insieme superstizione, coprendo i resti del corpo di ricchezza materiale, forse come lasciapassare per l’aldilà, For the Love of God .

Il richiamo a forme primitive ed eterne è ciò che accomuna le meditazioni artistiche di questa mostra: c’è qualcosa di antico nelle rappresentazioni, nel simbolo, nel tratto, nel soggetto.

Passato e presente, tradizione e irriverenza, cattolicesimo e ritualità arcaica si mescolano in questa mostra che delicatamente risveglia la riflessione, anche emotiva, intorno all’interrogativo centrale della vita e conduce “oltre il buio”, che sia per mezzo di 8.601 diamanti o delle sfumature chiare che affiorano dai neri e dai grigi o da una forma a metà tra un corpo umano e alieno che sembra emergere dalla tela per venirci incontro.

 

IMMAGINI:

 

 

INFO MOSTRA:

Dal 3 febbraio al 9 marzo 2011

Oltre il buio. Meditazioni sulla morte: Georges Rouault, Damien Hirst e Domenico Paladino

Galleria San Fedele

Via Ulrico Hoepli 3a-b Milano

www.sanfedele.net

Tel 02 86352233

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