Recensione d’estetica per il Padiglione Nazionale di Antigua e Barbuda - Biennale di Venezia 2017 (13 Maggio – 22 Novembre)
Alla Biennale di Venezia 2017, si può visitare il Padiglione Nazionale di Antigua e Barbuda. Esso è stato interamente dedicato all’artista Frank Walter (1926-2009). L’allestimento magari non serve a riprodurre un atelier, ma di certo invita ad “accasarsi”. Frank Walter dipinse ad olio con toni assai espressionistici, e scolpì mantenendo la configurazione del totem. Per la mostra a Venezia, sono stati raccolti pure i documenti di vita (sia pubblica sia privata). Frank Walter mantenne sempre un forte legame con l’isola natia, Antigua, diventando il primo residente di colore a possedere una piantagione di zucchero, e poi tentando senza successo l’elezione a Primo Ministro. L’esposizione di Venezia è stata allestita presso il Centro Culturale “Don Orione Artigianelli”, sotto la curatela di Barbara Paca.
Esteticamente, ci piace immaginare che Frank Walter mediante l’araldica elevi il cerchio al nucleo, e mentre all’inverso l’isolamento funge da miniatura per un totem a sprofondare. Il sole ad esempio è piatto in cielo, con la sua “inafferrabilità” da parte nostra. Le Antille letteralmente “si puntellano” fra il Mar dei Caraibi e l’Oceano Atlantico, ma “presa la curva” come avendo i “segnali di fumo”. Più “storicamente”, il totem può appartenere alla cultura afroamericana. E’ qualcosa da percepire dai propri “segnali di fumo”, ad esempio nella ritualità del “contatto” coi morti. Frank Walter non cerca il razionalismo, e le sue geometrie terminano in un “calderone” dell’espressionismo. La circolarità è molto interessante, in quanto la piccola isola sembra un “sole” piatto in terra, complice l’esotismo dei Caraibi. Per tutta la vita, Frank Walter “s’illuse” di poter appartenere alla stirpe aristocratica, in specie dal Regno Unito e dalla Germania. Ovviamente, egli subì la discriminazione razziale. C’è un “sole” anche dentro la terra, mediante il nucleo? L’araldica letteralmente giustifica la potenza d’un casato. Tuttavia la negritudine non si sarebbe affibbiata nemmeno un cognome da sola, secondo i colonialisti europei. L’araldica porta l’accentramento dei poteri addirittura a fondarli, come accade per “un irraggiamento” dal nucleo. E’ un “sole” in terra, ed isolazionistico per sua costituzione. Alla mercé dei razzisti bianchi, quanto la negritudine avrebbe provato a salvarsi per straniamento? Colui che isola un altro, porta quest’ultimo ad isolarsi “ancor di più”. Forse l’irrazionalismo del totem è un po’ “il puntello” della propria disperazione, se la società vieta l’integrazione. Si percepisce dunque il contraltare dell’araldica. Il totem d’una ritualità ancora primitiva fa “sprofondare” il proprio potere, da rimandare alla divinità. C’è anche la coralità, e senza il razionalismo per la suddivisione dei ruoli a lavoro. Il totem “sbatte” sulla terra, ma per spedirla virtualmente “all’esilio” dal dio. Frank Walter rappresenta spesso il cerchio. Ma è qualcosa che prova continuamente ad espandersi in nucleo. Chi vive nella piccola isola avrebbe una difficoltà maggiore a farsi conoscere, dagli altri. Frank Walter dipinge ad olio sulla polaroid o sulla masonite. Una saturazione si percepisce come un nucleo al suo isolamento. La rappresentazione del corpo umano è abbastanza curvilinea. Naturalmente, l’artista conosce il peregrinare della stirpe afroamericana, in balia degli schiavisti. Qualcosa che si celerebbe nei volti, in cui il bulbo oculare, il labbro, le narici, le fossette ecc… sembrano mal “puntellati”, nel “calderone” dell’espressionismo. Frank Walter si spostò in Europa, ma ebbe sempre a cuore il fruscio delle piante ed il sussurro dei fiumi, principalmente ad Antigua. Nei due casi è qualcosa da percepire come un nucleo che non “sbandieri” niente della sua potenza. Certo a volte il fogliame e la cascata appariranno più duri, sotto l’uragano caraibico. Ad Antigua l’artista si costruì la casa in un monte, senza neppure allacciare l’elettricità… Era una dichiarazione d’amore, verso il “nucleo isolante” del proprio natio.
Hegel scrive che l’uomo, costruendosi una nave, andrà opponendo “un semplice pezzo di legno” alle “illusioni” ed alla “violenza” dei mari. Questi avrebbero una linea d’orizzonte che non arresterà il nostro sguardo, grande nella sua lontananza dalla terra. La “violenza” dei mari si spiega con l’alta probabilità che vi accadano i temporali. Per Hegel, è importante percepire che la nave lascia una scia. L’uomo non può mai “accasarsi” (o meglio stabilizzarsi) nel mare. La scia si percepirà come un tentativo costante di “misurazione”. L’onda del mare si darebbe producendosi. Misurando qualcosa, sempre si tenderà ad aggiungerla. Quella è tale solo in quanto riportata a noi. Visivamente, la scia simboleggia la misurazione che (al contrario) ci “aggiungerà” al mare. La superficie ondosa è già “di riporto”: ovviamente, verso se stessa.
Frank Walter diresse una piantagione di zucchero migliorandone di molto la produzione. Anche la canna è percepibile come un totem? Qualcosa che rimarcasse la peculiarità dello sfruttamento, ad Antigua, da parte degli europei. L’artista raffigura uomini di colore dalle braccia in scia sulle canne (per una misurazione del raccolto che paradossalmente non lo scremi, aggiungendovi tutto il peso dello stremo). Per gli europei, sarà la piantagione a fungere da vero “porto”. Magari non s’attracca con la canna; ma essa “sbandiera” per “l’imbonimento” del commerciante. La manodopera di colore deve isolare il nucleo, al fine di raccoglierne lo zucchero. E’ una trafila, che ovviamente prenderà il largo (grazie alle navi) in quanto da consumare, in Europa. Per l’artista, lo zuccherò così percepibile eviterebbe di dolcificare la texture (assai più dura per il maltempo o lo sfruttamento, che non per il supporto appena di carta). C’è il quadro dedicato al pentacolo, con tutto il simbolismo del nucleo universalmente (divinamente) accerchiante sino ad isolare le “punte” della metafisica (l’aria, l’acqua, la terra, il fuoco e l’etere). Frank Walter avrebbe “vagheggiato” di vivere in telepatia. Sarà l’illusione per un tentativo costante di “misurazione”, fra lo “sbandierarsi” dell’etnia o del ceto, e le “antenne” per un bisogno solo istintivo di fare “nucleo” comunitario. Il pentacolo funziona anche da simbolo per l’Uomo di Vitruvio. In questo, gli “assi” delle membra sarebbero stati via via aggiunti, dal “ruotare eterno” di Dio. Frank Walter cerca di visualizzare un’altra “isola”, dove la “trafila” del lavoro si faccia raccogliere “da tutti”, e senza privilegi d’etnia o ceto. Magari, il pentacolo si percepirebbe come un “totem” per la “telepatia” della Provvidenza. Questa diventerà l’Isola dei Beati (tradizionalmente da scovare nell’Oceano Atlantico), per le “catene” della caducità umana.
Frank Walter ha dipinto la gamba della ballerina, che ci pare d’attracco, complice un tutù “a bitta”. Intorno, c’è uno sfondo dal “giallo abbastanza terreno” (caratteristico d’un “sole” al nucleo di sé). Dunque si percepisce “l’isola” d’un tutù che possa “sprofondare”? Ma la ballerina avrebbe sempre la grazia, anche nel suo “imbonimento” per la postura. E’ letteralmente la semplicità in un “pezzo di legno”, che guadagna lo “sbandierarsi” tramite una “comunione” degli organi. Quello in mare, lungo le “piroette” delle onde, diventerà utile pure all’attracco d’un naufrago, contro il suo peregrinare, infusagli la speranza per l’isola che solamente accogli.
ON EARTH, ANTILLEAN ISLANDS SHORE UP A “TOTEM” OF THE CORE
Aesthetics review about National Pavilion of Antigua and Barbuda - Venice Biennale 2017 (13 May – 22 November)
At Venice Biennale 2017, we can visit the National Pavilion of Antigua and Barbuda. It was entirely dedicated to artist Frank Walter (1926-2009). Maybe the setting up is not useful to reproduce an atelier, but certainly it invites to “set up house”. Frank Walter painted with oil for tones very expressionistic, and he sculpted maintaining the configuration of a totem. For the exhibition in Venice, also the documents of life (both public and private) were gathered. Frank Walter always maintained a strong link with the native island, Antigua, becoming the first black male resident to possess a sugar plantation, then trying without success the election as Prime Minister. The exhibition in Venice was set up at “Don Orione Artigianelli” Cultural Center, under the curatorship of Barbara Paca.
Aesthetically, we like to imagine that Frank Walter through a heraldry elevates the circle to a core, and while in reverse order the insulation functions as a miniature for a totem which sinks. The sun for example is flat in the sky, with its “elusiveness” by us. Antillean islands literally “are shored up” between the Caribbean Sea and the Atlantic Ocean, but “taking the bend” as having the “smoke signals”. More “historically”, a totem can belong to the African American culture. It is something that we have to perceive by its “smoke signals”, for example in the ritualism of “contacting” the dead. Frank Walter does not seek the rationalism, and his geometries end in a “cauldron” of the expressionism. The circularity is very interesting, because a small island seems a flat “sun” on earth, complicit the exoticism of the Caribbean. For all his life, Frank Walter “deceived himself” about the possibility to belong to an aristocratic ancestry, especially from United Kingdom and Germany. Of course, he suffered for the racial discrimination. Is there also a “sun” inside the earth, through the core? The heraldry literally justifies the power of a dynasty. However the negritude would not been able to stick itself even with a surname, by itself, according to the European colonialists. The heraldry leads the centralization of powers even founding these ones, as it happens for “an irradiance” by a core. That is a “sun” in the earths, which is isolationist from its establishment. At the mercy of racism from white people, how much would have the negritude tried to save itself through an estrangement effect? If someone isolates someone else, so the first leads the second to isolate himself “even more”. Perhaps the irrationalism of a totem is a bit “the supporting beam” of own desperation, if the society impedes an integration. So we perceive the counterbalance of the heraldry. The totem for a ritualism still primitive allows its power to “sink”, that will be postponed to a divinity. There is also the choral quality, and without the rationalism for the subdivision of roles at work. The totem “slams” into the ground, but to send virtually this one “into exile” with a god. Frank Walter often represents the circle. However it is something that tries continually to expand in a core. Somebody who lives in a small island would have more difficulty to be known, by others. Frank Walter paints with oil on polaroid or masonite. A saturation can be perceived as a core in its insulation. The representation of human body is quite curvilinear. Of course, the artist knows the wandering of African American ancestry, at the mercy of pro-slavery white men. Something that would be concealed in the faces, where the eyeball, the lip, the nostrils, the dimples etc… seem “shored up” in bad way, in the “cauldron” of expressionism. Frank Walter moved to Europe, but always having the rustling plants and the whispering rivers at heart, principally from Antigua. In both cases, it is something that we have to perceive like a core which does not “boast about” anything of its power. Of course sometimes the foliage and the cascade will appear harder, under a Caribbean hurricane. In Antigua the artist built his house up a mountain, not even connecting the electricity…. That was a declaration of love, to the “insulating core” of own homeland.
Hegel writes that a man, building a boat, will have to counterpose “a simple piece of wood” to the illusions and the “violences” of a sea. That element has the horizontal line which will not stop our gaze, on its large distance from the ground. We explain the “violence” of sea, if there almost certainly a storm will happen. According to Hegel, it’s important for us to perceive that a boat leaves a wake. A man can never “set up house” (or rather stabilize himself), on the sea. The wake will be perceived as a constant attempt to “measure”. The wave of a sea happens producing itself. If we measure something, always we tend to add it. That element happens only because it is taken back to us. Visually, a wake will symbolize the measurement that (on the contrary) will “add us” to a sea. The waving surface is already “carried back”: of course, into itself.
Frank Walter managed a sugar plantation, improving its production very well. Could also a sugarcane be perceived like a totem? Something that re-marked the peculiarity of an exploitation, in Antigua, by European people. The artist represents the black men who have arms in the wake of the sugarcanes (measuring a harvest that paradoxically is not skimmed, adding there all the weight in extremis). For European people, the plantation will function as a real “harbour”. Maybe nobody can dock with a sugarcane; but this one “boasts about” the “spiel” of a merchant. The manpower of black men has to isolate the core, gathering its sugar. That is an iter, which of course will head out (through the ships) for the necessity of its consuming, in Europe. According to the artist, a sugar perceived in this way would avoid sweetening the texture (really harder by the bad weather or the exploitation, than by a support only in paper). There is the picture dedicated to a pentacle, with all the symbolism of a core universally (divinely) encircling, until this one will isolate the “points” of metaphysics (the air, the water, the earth, the fire and the ether). Frank Walter would have “dreamt” of living in telepathy. That will be the illusion about a constant attempt of a “measurement”, between the “boasting about” an ethnicity or a social class, and the “antennae” from an only instinctive need of becoming a “nucleus” of community. A pentacle functions also as symbol for the Vitruvian Man. There, the “axes” of the limbs would have been little by little added, by the “eternal rotation” of God. Frank Walter tries to visualize another “island”, where the “iter” of work would have been gathered “by everyone”, and without the privileges by ethnicity or social class. Maybe, the pentacle would be perceived like a “totem” for the “telepathy” of Providence. This one will become the Isle of the Blessed (that we traditionally should discover on Atlantic Ocean), for the “chains” of human caducity.
Frank Walter painted the leg of a ballerina, which seems to us for docking, complicit a tutu “at bollard”. Around, there is a background with a “yellow quite earthly” (typical of a “sun” in the core of itself). So should we perceive “the island” of a tutu that can “sink”? However the ballerina would have always the grace, even in her “spiel” on the posture. That is literally the simplicity in a “piece of wood”, which gains the “boasting about” through a “communion” of the organs. That one in the sea, along the “pirouettes” of the waves, will become useful also for the docking of a castaway, against his wandering, instilling him the hope for the island which only hosts.