Qualche anno fa a Matera, all’incrocio tra Via XX Settembre e Via Stigliani dove un tempo sorgeva l’ottocentesca Fontana Ferdinandea (ora riposizionata nella sua allocazione originaria, in Piazza Vittorio Veneto), prese posto La nostra grande Madre, un gruppo scultoreo in pietra leccese in cui una corpulenta popolana offre da bere a tre bambini. A pochi metri dalla splendida scultura, che troneggia fiera, come un oracolo post-moderno a guardia della Villa “Unità d’Italia”, un laboratorio colmo di sirene, cavalieri e pingui donnone, solletica la curiosità di entrare nel rifugio dello scultore Pietro Gurrado, “padre” delle originali sculture. Non conoscendolo e provando ad immaginarlo, ci si aspetterebbe un anziano dalla lunga barba bianca, una sorta di Sinterklaas lucano, che con martello e scalpello crea personaggi leggendari e fantastici o incolla tra loro pezzi di legno pitturato, dando magicamente vita a favole silenziose di mercanti ed idoli epici; invece Pietro è un uomo giovane e slanciato, che oltre alla pietra, riesce a dare vita anche alle ombre con il suo Teatrino Stabile “Mastropiè”, che - come nelle migliori favole - si trova nei “sotterranei” del suo laboratorio, raggiungibili facendosi strada tra fischietti, fate e piccole tarantate, come se la fantasia si materializzasse mentre si sfogliano le pagine di un libro. Ed è proprio questo che Pietro Gurrado riesce a fare: dare forma all’immaginazione, creando profili, lineamenti ed espressioni; realizzando sogni lievemente colorati, come fossero sospesi tra realtà ed artificio, nebulosi, ma anche precisamente riconoscibili.
Pietro Gurrado parte da lontano, dall’arte impastata, modellata, intagliata: parte della tradizione artigiana e dalla classicità delle sue raffigurazioni, per giungere ad una scultura ricca di ricerche profonde, sedimentate, che lo conducono in un mondo fantastico, immaginato e creato, dove sovrani e giocolieri, sono faccia a faccia con divinità e briganti, ma anche con la naturalezza di una donna (o una Madonna), intenta nella quotidianità di una pettinata o di un’attesa.
Le figure di Gurrado sono morbide e rotonde, sembrano scivolare dalle mani, anche quando invece che nel bronzo, sono plasmate nel tufo o nella porosa pietra; ricordano volti e gesti familiari, celebrano l’appartenenza ad una terra e ad una storia e rievocano mute, vecchi racconti sbiaditi.
L’umanità è esplorata con cifra stilistica matura, riconoscibile e personale, costruita su nasi geometrici, occhi appena accennati e corpi solidi e regolari, in cui la realtà è solo suggerita e spesso si lega a ricordi lontani, che balzano netti e decisi alla memoria, dopo solo un’occhiata. Monocromi o policromi tenui, i personaggi di Gurrado sono pezzi di racconti amalgamati tra loro, dentro cui ci si può delicatamente assopire, inventando una nuova storia e ricominciando, ogni volta, da capo.
Pietro Gurrado
Via Duomo 3/5 – Matera