Misurare con eleganza forme e autori del passato, decidendo di instaurare un dialogo con essi. La pratica appropriazionista di Julie Rafalski è chiara: strappare dai libri di storia dell'arte pagine importanti cercando un confronto con forme e figure della tradizione.
Da Ellsworth Kelly a Yves Klein, da Piet Mondrian all'architetto tedesco Mies van der Rohe: la mostra Kolaże presso la Fabryka Trzciny - prima personale in Polonia per la giovane artista americana - abbonda di referenze. Con ognuno di questi autori Rafalski gioca, interagisce, nella ricerca di un contatto sempre elegante e mai invasivo.
In Projections, una serie di stampe su larga scala, immagini di interni realizzati da van der Rohe sono modificate con l'aggiunta di vivaci forme geometriche sovrapposte. Similmente, la serie di collage Unfolding sviluppa questa idea proponendo una visione frammentata di dettagli architettonici modernisti estesi in uno spazio immaginario. Dear Mondrian è invece la serie di collage realizzati sovrapponendo fogli di acetato colorati a pagine estratte da una monografia del pittore olandese: le forme cromatiche di Rafalski in questo caso imitano e destrutturano i celebri piani rettangolari di Mondrian, dialogando con essi e sfidandone l'equilibrio formale.
Se è vero che giocare con autori passati non implica nulla di nuovo, farlo con eleganza e sensibilità non è cosa scontata. Ed è questo che sembra caratterizzare la ricerca di Julie Rafalski. Ogni interazione con artisti della tradizione si manifesta come un dialogo accurato, sempre aperto, spesso divertito ma mai invadente. Discrezione e finezza permettono in questo caso il raggiungimento di quello scarto linguistico necessario affinché il confronto col passato si realizzi in modo produttivo, consentendo, nella ripetizione, di generare qualcosa di nuovo.