Recensione d'estetica alla mostra Esplode il frattale, coi disegni a china di Giorgia Fincato, e curata da Paolo Meneghetti (al Circolo Scacchistico Bassanese, il 24 Gennaio 2015)
L’artista Giorgia Fincato esibisce due disegni, a china. Esteticamente, c’è la percezione d’un frattale che si cristallizzi “nel diapason” del suo astrattismo. L’artista che lavora a china sempre pare meticoloso. Qualcosa da percepire in via metrica. L’astrattismo delle linee informali spesso favorirebbe la loro esplosione. Allora la rappresentazione “pulserà”, tramite tutta l’immediatezza dell’emozione. Nei lavori di Giorgia Fincato, le linee informali avrebbero la “reazione a catena” d’una metrica che “si chini” verso la sua interiorità. Il frattale si percepisce nella profondità di se stesso. Comunque le figure di Giorgia Fincato vanno a cristallizzarsi, guadagnando così in freddezza. Il diapason genera la standardizzazione d’una nota, su cui accordare la musica. Sarà l’oscillazione costantemente “chinata” in se stessa. La “fredda” standardizzazione del diapason favorirà il “frattale” dell’accordatura, percependo che la musica abbia l’ambizione di coinvolgerci. La cristallizzazione sembra una “reazione a catena” costantemente “chinata” al proprio interno. I disegni di Giorgia Fincato mostrano il frattale che “pulsi” tramite “un’accordatura” fra l’astrattismo (delle linee informali) ed il cubismo. Il surrealismo certamente favorì l’oscillazione esplosiva della figurazione. Giorgia Fincato porta l’intreccio fra le facce (caratteristico del cubismo) ad “accordarsi” nella loro cristallizzazione. Il frattale si percepirebbe come l’esplosione che oscilli per “chinarsi” verso l’astrattismo (delle linee informali). Il cubismo avrà una propria metrica. Ricorrendo al collage, Giorgia Fincato lascia che la base a china virtualmente “ondeggi”. Tutta la ritmica meticolosa nel disegno avrà la sua “cassa di risonanza”. Gli sfondi dai toni caldi si percepirebbero “nel miraggio” della linea informale, che “si chini per pulsare”. Ricorrendo al collage, Giorgia Fincato cercherebbe un’astrazione più psicanalitica. Nel sogno, i pensieri ondeggerebbero al “ritmo illusorio” d’una “duna desertica” (calda perché molto coinvolgente). L’intelletto si chinerà alla “pulsazione” dell’inconscio. Certo resta la base del disegno a china, con l’oscillazione esplosa delle figure da “accordare” nella loro cristallizzazione.
L’universale sempre ci pare ad espandere il particolare. Tramite una sinestesia, Giorgia Fincato lascerà che le linee informali si vedano dalla loro ritmica. La superficie d’un frattale quasi espanderebbe al suo interno “una volontà d’esistere”. Guardando l’universalità del cielo aperto, è facile immaginare che essa “si chini” verso di noi. Forzando un po’ le leggi della fisica, si percepirebbe almeno il ritmo del giorno che divenga notte. In generale, qualcosa che si ripete potrà confermare la propria presenza. Sarà l’universalità che letteralmente si chini nella materialità. Una coscienza che voglia sempre s’autogiustifica “dal profondo di sé”. Laddove noi siamo convinti di fare qualcosa, allora questa fungerebbe da “cassa di risonanza” per il… “sasso lanciato” del nostro ‹ Sì ›. Chi vuole sul serio, è immediatamente coinvolto da se stesso. Il convinto “si china” al suo ‹ Sì ›, tramite un idealismo… dell’interiorità.
Il frattale si ripete espandendo la cristallizzazione d’un particolare, ma dentro alla “ritmica” d’un universale. Chinandoci, la nostra “accordatura” fra il corpo e l’anima confermerà la presenza dei nostri sentimenti. Nell’affermazione del tipo ‹ Io voglio che… ›, si percepisce bene quanto una soggettività s’universalizzi… “al ritmo” della propria cristallizzazione. Conosciamo la “simpatica” metafora per cui il troppo ambizioso ‹ chiederebbe… la Luna ›. Inoltre il potente è tale essenzialmente in quanto vuole “di tutto”. Egli quasi avrà “costellato” le sue decisioni. I disegni a china di Giorgia Fincato si percepiscono in via pallidamente algida, per la cristallizzazione delle figure. E’ una sorta di costellazione che “rinunci a volersi”, senza più “sfoggiare” la sua presenza. Dallo Spazio, la materia oscura (e quindi tutt’altro che… “piena” del decidibile!) ora rientrerebbe persino fra i cristalli della nostra Terra.
A noi i “potenti” infastidiscono perché essenzialmente sono “sempre loro” a fare “quel poco” del solito. Chinati, più gentilmente avverrà l’espansione del “battito vitale” verso l’universalità del ‹ Non voglio niente! ›. Nei disegni di Giorgia Fincato, simbolicamente il frattale è la cristallizzazione dell’esistenza che s’autogiustifichi avendo tutta la profondità d’un “valore”. Sappiamo bene che la filosofia pratica (politica e morale) implica l’accettazione d’una responsabilità civile. Il frattale si percepisce nel “ritmo” d’una presenza che “scavi” la sua interiorità. Si può avvalorare qualcosa solo dopo averne approfondito l’accettazione. Il frattale sarà la superficie cristallizzata che s’espanda tramite la volontà dell’autogiustificazione. Quest’ultima si potrà avvalorare, una volta “chinato” il pensiero cosciente sul sentimento della responsabilità.
Nella filosofia di Gottfried Leibniz, la vitalità si percepirebbe tramite l’infinito esperirsi dell’interiorità. Già le idee platoniche erano universali mentre “partecipavano” delle cose sensibili. Il molteplice aveva un significato solo in riferimento all’Uno. Gottfried Leibniz “calò” le idee nelle caratteristiche monadi. Valeva il percorso inverso per cui evidentemente le cose sensibili “com-partecipavano” alla loro universalizzazione. Soprattutto l’interiorità del vivente, astraendone il materialismo, appariva come pseudo-ideale. Ciononostante la Natura tende al “disordine” della morte. Così, ogni “atomo interiorizzante” (o più correttamente monade) poteva percepire l’intero Universo mentre questo “s’accordava” nel loro “frattale”. La com-partecipazione dell’interiorità alla propria corporeità pur sempre “si chinava” all’espansione di se stessa, volta al “disordine” della… “cristallizzazione” rinsecchente (per le piante) o scheletrica (per gli animali e l’uomo). Le monadi parevano a “frattalizzare” le idee. Le prime letteralmente cristallizzavano l’accordatura sulle seconde, complice lo “scavo” dell’interiorità (dal ‹ Voler tutto › del divino al ‹ Non voler più › del mortale). Le monadi mancavano d’estensione, per cui neppure s’influenzavano a vicenda. Esse “s’inchinavano” al “frattale” d’una volontà divina, che ne “accordava” l’interiorità (laddove la materia sembra più vicina ad universalizzarsi). Il singolo individuo allora avrebbe dovuto sacrificarsi per il bene comune.
Più ontologicamente, l’universale si percepirebbe “a ritmarsi”, rispetto al particolare che ne interiorizzi la “cristallizzazione”. Immaginiamo che l’essenza di qualcosa ne accordi la semplice presenza. La termodinamica insegna il principio dell’entropia, per cui nell’Universo si preferisce lo stato del disordine. Esteticamente, ogni volontà d’esistere “si cristallizzerà” al… “ritmo” del ‹ nulla dentro se stessa ›. Un noto esperimento della termodinamica mostra che, mescolati fra di loro, due gas oscilleranno sino ad esplodere per “accordarsi” da uno “scavo”. Tornerà subito la percezione dell’universale che “si chini” verso la propria cristallizzazione. Conosciamo il disegno ingegneristico dell’esploso. Esso permette che un particolare “si cristallizzi” solo nella ritmica del suo “abbraccio” con l’universale. L’esploso ingegneristico esibisce l’accordatura fra i cubi che letteralmente “s’inchinino” ai loro piani. E’ la tendenza al disordine che “s’autogiustifichi” cristallizzando la propria espansione, come il frattale.
Le figure di Giorgia Fincato si percepiranno “nell’accartocciarsi” delle linee informali. Queste calerebbero da una cristallizzazione che voglia profondamente interiorizzarsi. Il disegno ingegneristico dell’esploso comporta virtualmente “un accartocciarsi” delle linee informali verso la “frattalizzazione” dei propri cubi. Lì, tutta la “calca” dell’espressionismo dovrà “depositarsi” sull’astrazione. La linea “calante” è quella che “si china” al suo piano. I frattali disegnati da Giorgia Fincato certamente “esplodono”, volendo profondamente la “cristallizzazione” d’una metrica esistenzialistica. Simbolicamente diventa lo “stacco” dal trantran del quotidiano (per gli obblighi di lavoro o familiari). Qualcosa da percepire come uno “sbotto” dell’interiorità, paradossalmente per “rilassarsi” nel pensare che ‹ Io voglio questo, o quest’altro, o quest’altro ancora ecc… ›.
C’è un disegno dell’artista in cui i frattali esplosi s’approfondirebbero guadagnando il colore, con l’aiuto del collage. Qualcosa che “metterà a riposo” la più passionale interiorità d’un ritmo vitale. Noi affermiamo d’essere neri per rabbia, rossi per imbarazzo, verdi per speranza ecc… Il collage dell’artista si percepirebbe nell’abbraccio fra le “cristallizzazioni” del rilassamento, per lo “stretching” della passionalità. Il taglio della linea informale sarà approfondito dal ritmo delle gradazioni tonali. Per il filosofo Arthur Schopenhauer, il mondo si dà sempre “a rimanere”. Immediatamente qualcuno dovrà rappresentarselo. L’essenza del reale ci apparirà tramite il filtro delle nostre pre-comprensioni (dalla soggettività). Arthur Schopenhauer aveva avanzato una filosofia di stampo dialettico. Sia l’essenza del reale sia il filtro della soggettività certo avrebbero voluto il darsi come tali. Torna di nuovo il problema dell’autogiustificazione, mediante tutta la profondità d’un “laccio interiorizzante”. L’essenza del reale permarrà in quanto comparsa dal “filtro” della soggettività. Forse i lavori di Giorgia Fincato rievocheranno il volontarismo per Arthur Schopenhauer? Ciò che permanga od appaia “si cristallizzerebbe” dentro la propria espansione. Le figure dell’artista si percepirebbero dalla “calca” d’un volontarismo “appena col cuore”. E’ quasi l’autogiustificazione dei tessuti organici, dove la cristallizzazione del “freddo” pensiero permanga ed appaia per la “ritmica” della compartecipazione, fra una cellula e l’altra. Dunque si può percepire la volontà per Arthur Schopenhauer nel “frattale” della sua differenziazione? L’espansione del reale, che permanga in sé, andrebbe apparendo nelle pre-comprensioni d’una soggettività. Quest’ultima “cristallizzerà” ogni differenziazione aggiungendovi però “un ritmo”. Arthur Schopenhauer percepisce che il mondo sia una volontà dentro la “fluidità” delle idee universali, compartecipanti delle cose sensibili (particolari). La soggettività permette che il reale appaia, così da ritmarne l’espansione. Le pre-comprensioni intellettuali fungerebbero da frattali per la volontà ontologica. Là, una profondità espansiva del reale s’interiorizzerà apparendo ai diversi soggetti. Il frattale si percepisce sempre nella volontà di ritmare una cristallizzazione. E’ come la permanenza di qualcosa in quanto ad apparire nella propria interiorità.
I disegni di Giorgia Fincato si percepirebbero nello “scroscio” d’una pienezza anatomica. La cristallizzazione delle linee informali “s’accartoccerà” sulla volontà d’una rappresentazione, che si ritmerà nella propria profondità (interiorità). Innanzi ai disegni dell’artista, qualcuno magari proverà a riconoscervi la stilizzazione della vita sedentaria, per l’uomo contemporaneo. Prevalentemente in ufficio, noi eviteremmo volentieri di “chinarci” alla volontà… del lavoro, quantomeno se questo si ripetesse troppo, noiosamente! Nei disegni di Giorgia Fincato, ci divertiremmo a vedere più gambe accavallate sulla sedia, celando a fatica chissà quale “nervosismo”. Ma la società contemporanea si deve scandire. Conosciamo il caratteristico stress del quotidiano. Giorgia Fincato quindi esporrebbe uno “scroscio” della figurazione cristallizzata (o meglio sedentaria), contro i ruoli a lavoro, e forse anche in famiglia. La vitalità si percepisce sempre ritmando l’espansione della crescita. E’ la possibilità che tutto lo stress per gli obblighi quotidiani alla fine si scrosci, ad esempio mediante “la pausa” della creatività. Quest’ultima certo richiede l’armonizzazione delle sue parti, in quanto piacevole da percepire.
Per Le Corbusier, l’architettura susciterebbe un’emozione (oltre il mero problema della statica), esattamente come la vera arte. L’edificio non avrà una forma che solo ne “rivesta” i muri, bensì che “lo svesta” del tutto, conferendogli un senso (dialetticamente, rispetto all’ambiente circostante ed alla nostra osservazione). Per Le Corbusier, lungi dal costruire l’architettura, bisognerebbe andarle incontro. Fra i muri, noi percepiremo una sorta d’emozione plastica, a valle d’un senso logistico. Si costruisce appena per tener su, mentre l’architettura dovrà rivestire come “un diapason” dell’Universo. La quasi infinità del cielo letteralmente s’intonerebbe alla terra, nella tensione fra le “corde” dei muri e la “cassa” delle stanze. La nota virtualmente sveste il suono, se ci permette d’andargli incontro (più o meno armonicamente).
Giorgia Fincato esibisce una figurazione dai “frattali esplosi”. Questa sarà “svestita” nel suo cristallizzarsi, ma per “rivestirsi” d’una ritmica. Le linee informali si percepirebbero nel… “diapason” della loro espansione. Esse non si limitano a sostenere la figurazione, la quale piuttosto si farà rilanciare, per rivestirsi attraverso “un arieggiamento” nell’astrazione. Le linee informali dell’artista s’espandono nella loro “cassa di risonanza”. Tutti i frattali si percepirebbero fra le “note” d’un astrattismo, che letteralmente “scoppi” come l’espirazione al gelo. E’ una cristallizzazione che certo vuole “accordarsi”.