Canti, balli e felicità diffusa, ma i commissari non se la bevono e Lecce esce sconfitta con nemmeno un voto, contro i sette della vincitrice Matera.
In molti, sino a ieri, hanno preferito restare in silenzio per non inficiare la possibilità di vittoria, ma da oggi, numerosi cittadini ed operatori culturali, pretendono risposte. Risposte relative all’attribuzione di incarichi, consulenze e collaborazioni; risposte sui numeri di stipendi e gettoni e sui criteri di selezione di progetti realizzati o parte integrante del bidbook.
Nonostante abbia mostrato al mondo di aver basato l’intero progetto sul coinvolgimento pubblico e l’inclusione, sin dal suo arrivo, il coordinatore artistico Airan Berg – la cui reale esperienza nell’ambito della progettazione europea è un mistero tuttora insvelato – ha cominciato ad attuare una politica fortemente elitaria, inserendo nello Staff i soliti noti e concedendo a tutti gli altri, privi di pedigree, di contribuire al progetto come potevano, ma s’intende, in qualità di volontari! Nella realtà, la collaborazione è consistita nel concedere al progetto Lecce2019 di applicare il proprio logo su qualunque genere di evento ed attività, dalla mostra alla rivista medica; dal festival alla regata; dal concerto allo spettacolo teatrale. Ognuno di questi eventi sarebbe stato realizzato indipendentemente dalla candidatura (tanto che non risultano investimenti dello Staff finalizzati alla realizzazione di tali attività), ma la geniale idea di Berg è stata quella di far sembrare, con la scusa del supporto alla candidatura, che tutto facesse parte di un grandissimo programma di crescita e valorizzazione del territorio messo in moto da Lecce2019. Berg è stato in grado di trasformare un logo in un incredibile business (sicuramente d’immagine..), grazie al quale mostrare una lista di azioni volte alla candidatura, che nella realtà, erano del tutto indipendenti e si erano svolte autonomamente sino all’arrivo del coordinatore artistico: associazioni, privati, operatori culturali, tutti a tifare Lecce2019 ed apporre il logo su cartelloni e cataloghi e così il curriculum di Lecce2019 cresceva giorno dopo giorno senza che nella realtà nulla si stesse realizzando, se non banchetti per raccogliere spunti mai elaborati e Laboratori Urbani dove – gratuitamente – operatori culturali e cittadini, offrivano il proprio tempo e le proprie idee.
Si è puntato, poi, sulla storia delle E-utopie e mai termine fu più infelice, viste le sorti, ma anche in quel frangente, a nessun componente dello Staff venne il dubbio che forse sembrava una presa in giro puntare ad una vittoria europea, parlando di utopia (la “e” era funzionale, ma certo non mutava il senso dell’illusione) e così tutti a tifare per Artopia, Talentopia, Ecotopia, senza ben capire cosa realmente significassero, ma l’e-utopia che più di tutte ha appassionato i leccesi è stata Democratopia, la più utopia di tutte, utopia soprattutto quando lo Staff ha finanziato progetti venuti dal nulla, il cui valore formale e culturale resta ancora un oscuro segreto, come i blocchi di tufo comparsi prima a Porta Rudiae e poi in Piazza Sant’Oronzo; democratopia è stata la più utopia di tutte soprattutto quando si chiedeva di conoscere i propositi dello Staff per la candidatura ed Airan Berg rispondeva che erano confidenziali, altrimenti si rischiava di essere copiati dalle altre città candidate; ed ha toccato il massimo dell’utopia proprio quando, alla consegna definitiva del bidbook è stato negato ai cittadini di conoscerne il contenuto, quindi le idee, i progetti da realizzare verso il 2019. La democrazia in questa candidatura, è stata l’utopia più grande e nonostante si sia voluto puntare su una mascherata, su una finzione ben architettata, in tantissimi non ci sono cascati ed oggi chiedono il conto.
La candidatura a Capitale della Cultura era un’occasione d’oro, imperdibile, che non avremo mai più. Come leccese, professionista della cultura, sostenitrice del progetto da ben prima che Berg decidesse delle sorti della città cui non appartiene, sono amareggiata e rattristata che si sia trasformata da opportunità a contenitore di facce note, incapace di tirar fuori nulla, se non una torre in legno da 5 milioni di euro da realizzare su una spiaggia e smontare dopo un anno e tanto, tantissimo fumo negli occhi. Matera è partita molto prima di Lecce nella corsa alla vittoria, ma due anni non sono pochi e Lecce avrebbe potuto farcela se solo avesse puntato sui cavalli giusti; se solo avesse ascoltato con umiltà chi nel territorio vive e lavora; se solo si fosse sganciata dall’esterofilia diffusa, sintomo di un provincialismo becero e distruttivo.
In molti ieri hanno commentato la sconfitta di Lecce denigrando Matera; si è sentito di tutto, persino da esponenti politici locali, che hanno dimostrato non solo che la sconfitta fosse meritatissima, ma anche di non esserci nemmeno mai stati, a Matera (patrimonio UNESCO, oltre che Capitale della Cultura europea 2019), ma in pochi, pochissimi si sono chiesti come mai l’Europa abbia preferito Matera a Lecce; pochissimi sono stati i mea culpa; zero le assunzioni di responsabilità da parte di Berg e di chi al progetto Lecce2019 ha lavorato, disperdendo risorse per mera pubblicità, mera facciata, credendo che mostrare per un giorno una città gioiosa e canterina, che mangia in strada e consente agli artisti di dipingere in piazza, sarebbe bastato per vincere, anche se mancano servizi di base. Anche questa volta si è persa un’occasione (ma questa è una perdita grossa)! Si è persa l’occasione di crescere, di ascoltare, di impegnare il denaro per migliorare la vita di chi la città la vive ogni giorno, dal centro alla periferia, invece di investire energie per imbellettarsi, sfruttando la buonafede di chi ci credeva davvero, ed ha impiegato gratuitamente il proprio tempo per inseguire un sogno, un’utopia, una storia ben raccontata in una lingua che non era la nostra.
Adesso è il momento delle carte scoperte e siamo in tanti a pretendere risposte, a voler sapere chi ha preso le decisioni e sulla base di quale esperienza, di quale curriculum; in tanti a voler conoscere le cifre di questa sconfitta, a sapere quanto è costato il nostro fallimentare coordinamento artistico, quanto si è sacrificato per perseguire una politica che in moltissimi abbiamo definito sbagliata sin dal primo momento. Il tempo dell’e-utopia è passato, ora è tempo di scontrarsi con la realtà e temo che balli e mascherate, nemmeno stavolta basteranno.
Grazie per gli zero voti, Airan Berg! La vacanza è finita..”mò abbande”!