SCHEGGE (a cura di Dario Lodi)
Dai Quaderni di Paul Valéry
I Quaderni di Paul Valery (1871-1945) sono stati ridotti da Adelphi editore in 7 volumi, per un totale di quasi 2000 pagine, curate da Judith-Robinson Valéry e tradotte da Ruggero Guarini: un lavoro immane per entrambi. Valéry è noto soprattutto per la poesia “Cimitero marino”, ma i Quaderni sono molto più ricchi di umanità. Scritti ininterrottamente per oltre 50 anni, sino alla morte, sono lo specchio quanto mai fedele dei pensieri e dei sentimenti di un uomo. Massimo qualsivoglia disincanto. Si riportano alcune sue frasi rispettando la punteggiatura originale, creata appositamente dall’autore.
Che cos’è l’uomo? Non è forse una cosa da fare? un voto da esaudire? – Una dimostrazione da dare?
Teste Che cosa fai tutto il giorno? Mi invento.
Scopo di una vita - arrivare - (anche tardi) – a conoscere chiaramente l’incomparabile fondo di pensiero e di sensibilità su quale si è vissuto. Tutta la bizzarria e tutta la banalità di se stessi. Tutta la parte necessaria, tutta la parte ereditata, tutta la parte imitata, tutta la parte fortuita – di se stessi.
Ho passato la vita a mettere sotto accusa (davanti al mio Eguale-Ego -) le astrazioni non, o mal definite.
X
Ego Divento terribilmente me stesso - - Forse per reazione contro tutto ciò che mi costringe sempre di più a essere l’altro o a fare altro. Possano gli artifici acquisiti dal triste obbligo di cedere a questa necessità e di mostrarsi passivamente attivi, essere di qualche vantaggio ai fini di un uso più felice della nostra natura! Divento terribil (mente) me stesso.
Io non credo a quello che vedo. In questo, simile a un “mistico” come si suol dire. – Io vedo quello che vedo con uno sguardo che percepisce “simultaneamente” le cose offerte o imposte, il loro campo, la loro tangenza, la loro serie, i loro riferimenti e anche la libertà di questi ultimi.
Quel che amo leggere di più, quel che mi costringe a leggerlo – e a rileggerlo – è quel che sento che mi fa avanzare di più, che non è una faccenda locale, m un accrescimento, una promessa, un’estensione – una deviazione esterna che mi riporta a me stesso più illuminato e armato.
Il non comprendere fu il mio pungolo.
“Comprendere” troppo presto – espone a non aver coscienza di tutto ciò che edifica o organizza il comprendere – allo stesso modo che muoversi e agire senza impaccio né fatica induce a credere che l’atto è cosa semplice e non composta.
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