Il borghese ha ucciso il linguaggio dell'arte
Il Romanticismo è stato di fatto l'espressione artistica attraverso la quale il capitalismo europeo ha imposto il suo dominio sulla terra, le arti e le scienze sono state di fatto il nucleo che di fatto ha sostituito la religione tradizionale nella "civiltà borghese".
Musei e gallerie sono diventati i luoghi di culto della gente colta, luoghi dove si fonde il prestigio tradizionale e il potere finanziario.
Luoghi di culto di una cultura borghese minoritaria in espansione, di fatto meritocratica, niente di egualitario e neanche di democratico davanti al culto dell'arte che la nega in quanto linguaggio, in altre parole la stessa civiltà borghese era destinata a lavorare per distruggere il linguaggio che sosteneva.
Oggi l'arte si sviluppa in un ambito sociale "tecnoindustriale", tra continue informazioni e produzioni culturali, svincolata da parametri di buono o cattivo, vero, bello e valori di contenuto.
Difficile controllare immagini, suoni e parole, il linguaggio dell'arte è diventato incontrollabile nel cyberspazio e i suoi uomini d'ordine governano il caos forti dell'uso strumentale e fazioso dei media classici.
La storia dell'arte dal secondo dopoguerra del secolo passato ad oggi è stata falsificata dal consumismo e in nome dell'ideologia dell'attimo contemporaneo si è falsificato il tempo. Non è stata lineare, ma movimenti ed artisti in conflitto con altri artisti e movimenti senza nessuna continuità e interazione, dal momento che il mercato nella sua fretta di investimento era in grado di assorbire tutto. Un vero e reale cimitero del consumo privo di valore reale, insomma il sistema in ogni momento era in attesa del nuovo che negasse il vecchio anche quando vecchio non era. Insomma nuvole di caos a cui qualcuno di volta in volta, in nome della propria autorevolezza di "addetto ai lavori", tentava di dare forma.
I linguaggi artistici stanno attraversando l'epoca più rivoluzionaria della loro lunga storia pur dipendendo dalla rivoluzione tecnologica con la sua comunicazione e riproducibilità digitale.
Le vecchie arti visive, la pittura e la scultura sono rimaste fino a ieri, artigianato, nelle stesse scuole d'arte ed Accademie, ma anche nelle gallerie private, questo ha materializzato la loro repentina crisi oggi, il pittore e lo scultore non sembra capace di relazionare i propri processi tecnico creativi al contemporaneo bidimensionale digitale.
La scultura conduce dal secolo scorso una miserabile esistenza ai margini della cultura sociale, sembra incapace di intercettare la realtà e il simbolismo della mutazione della condizione umana, sembra avere perso mercato eccezion fatta per gli spazi pubblici per commissioni private (lo scrivo tristemente da scultore), la pittura? Dalla rivoluzione industriale in poi sembra incapace di superare lo shock del nuovo.
L'opera d'arte si è persa nei fiumi di immagini, di parole e di tentativi di comprensione, si è dissolta nel processo dell'esperienza estetica, si è confusa tra noi e la nostra immagine di noi, tra interno ed esterno, schiava e schiva della attribuzione associativa individuale, il suo ruolo e il ruolo degli artisti in questo nuovo secolo? Da definire attraverso il fare.
Si è dimenticato (e io lo urlo proprio dagli anni novanta) che la fruizione dell'arte non è una esperienza privata ma sociale e politica e che è nell'ambito della cultura artistica diffusa che si forma un processo di educazione all'arte.
Il web sta demolendo le barricate e le ipocrisie di sistema e contribuisce a influenzare questo altro sistema dell'arte che non tutti gli artisti "addetti ai lavori" sono capaci di affrontare.
L'esperienza artistica passa oggi per una dimensione virtuale altra che non è più quella della galleria e orienta verso luoghi di reale incontro dell'arte dove si può tornare a sognare una fusione di comunità, arte e genius loci, pubblico e artisti, dove la poetica dell'azione artistica diventa realtà a tre dimensioni.
Un’arte di movimento, realmente interconnessa, non potrà essere più fondata, come i movimenti artistici del secolo passato, sull'idea di gruppo, un gruppo necessita di teorici, di critici, di manifesti, di un suo ordine gerarchico e poetico che ammette o espelle artisti. Questo è il secolo degli sciami di artisti che attraverso l'interconnessione si fanno linguaggio, non sono entità appesantiti dalla sopravvivenza, sono moltitudine pronta a disperdersi da una occasione all'altra e gli stessi loro obiettivi sono mobili. Non esiste un alto e un basso di sistema, quando ci si muove attraverso delle rappresentazioni di interconnessioni mobili, c'è solo un tragitto momentaneo che tiene unito lo sciame. Nello sciame non esiste una matrice originale del linguaggio d'artista (concetto che era più che presente nelle avanguardie del secolo passato), non esiste tra loro l'origine del loro linguaggio, esiste la condivisione e il confronto linguistico. Non ci sono specialisti, ogni unità è un tuttofare disposta a confrontarsi con un altra unità e muoversi insieme. Rispetto all'idea del secolo passato, di gruppo, negli sciami non esistono disobbedienti, ma solo entità smarrita, all'interno dello sciame ovviamente continuerà ad esistere una logica del consumo e gli stessi sciami sono connessi tra di loro, esclusivamente in virtù del consumo dello stesso prodotto.