La relazione con lo spettatore. Di Chiara Canali (My two cents n.02)

rubrica di chiara canali

 

 

Una illuminante teoria artistica, forse per certi versi anticipatrice di tendenze che stanno emergendo adesso in maniera più compiuta, è stata quella di “Estetica relazionale” coniata  nel 1998 dal critico francese Nicolas Bourriaud, ex direttore del Palais de Tokyo, con un testo dal titolo “Esthétique relationnelle“(1).  

L’idea di un’arte relazionale si prefigge di attivare una piattaforma di pratiche artistiche che contempli, come punto di partenza, la complessità delle relazioni sociali e del loro contesto, piuttosto che uno spazio privato e indipendente. I lavori degli artisti si dovrebbero perciò basare sull’interattività, la condivisione e la collaborazione, implicando la partecipazione attiva del pubblico a cui l’opera è destinata. Essenziale è la relazione con il fruitore in virtù delle reciproche influenze, dialoghi e confronti che portano alla nascita di una sorta di creatività collettiva. “Il processo artistico, piuttosto che essere solamente un incontro tra uno spettatore e un oggetto – dice Bouriaud – con l’arte relazionale produce incontri intersoggettivi. Attraverso questi incontri, il significato è elaborato collettivamente, piuttosto che nella forma di un consumo individuale”(2).

 

 

 

  (Studio Azzurro_l'ombra di stelle_2007)

 

 

In questo senso, rimane fondamentale il rapporto tra arte e vita in riferimento a una serie di riflessioni di carattere filosofico ed esistenziale che investe l’individuo immerso nella società moderna, dove il carattere esistenziale presuppone un intervento sociale o politico che sostituisce, in parte o completamente, la produzione di un particolare oggetto artistico.

Questa nuova concezione di arte, che elabora in chiave teorica degli stimoli già provenienti da alcuni linguaggi artistici nati negli anni sessanta, come la Body art, l’Happening, la Performance, o ancora aggiorna forme di arte politicizzata degli anni settanta, in questa particolare definizione intende raggruppare le pratiche di un gruppo di artisti - Rirkrit Tiravanija, Philippe Parremo, Pierre Huyghe, Carsten Höller e Jorge Pardo - che se inizialmente ha accolto spunti e significati, con l’evolversi delle singole poetiche ha tradito le premesse teoriche del critico francese. Forse solamente la ricerca di uno di loro, Felix Gonzalez-Torres, considerata un precedente immediato della poetica dell’Esthétique relationnelle, ha mantenuto un valore compiuto sul piano della condivisione relazionale che da forme di identificazione fisica ed emotiva (con i suoi cumuli di caramelle messe in comunione con il pubblico) arriva a trasmettere contenuti di tipo impegnato, filosofico o politico.

 

 

 (Giuliana Cunéaz_Screen Painting)

 

 

 

Tralascerei il piano più immediatamente ideologico o esistenziale insito nelle pratiche degli artisti sopra citati, per considerare invece l’aspetto linguistico e metodologico che presuppone questa nuova possibilità di concepire il rapporto tra il processo artistico e il fruitore. Se infatti da sempre la fruizione artistica implica una relazione tra opera d’arte e lo spettatore che si esprime nei termini di una contemplazione passiva dettata a priori dall’artista attraverso un codice di significati più o meno manifesti, con questa intuizione cambiano le finalità stesse del fare arte, secondo cui non è più importante la dittatura dell’opera, ma la sua processualità, la sua interattività con il fruitore, nell’ottica di un’interpretazione attiva, e non passiva della realtà.

In questo ambito di riflessioni teoriche potrebbe a ragione rientrare il lavoro del collettivo italiano Studio Azzurro, che da un ventennio indaga la relazione con il pubblico in prospettiva di un interscambio di tracce, memorie, informazioni. La ricerca di Studio Azzurro parte proprio da questo nesso: immergere lo spettatore in un mondo sensibile e studiarne le reazioni da cui nascono, a loro volta, relazioni-interazioni, in base alla sensibilità emotiva e alle abilità cognitive del fruitore. Nessuna motivazione legata alla volontà di trasferire nell’opera un ordine di significati connessi al contesto sociale, politico o ideologico di provenienza degli autori, ma sostanzialmente la volontà di creare una organizzazione spaziale immersiva e praticabile in cui risulta determinante la partecipazione attiva del soggetto. In questa nuova prospettiva il pubblico è “obbligato” ad avvicinarsi all’opera e a fruirla con i propri strumenti interpretativi.

 

 

 

 (Felix Gonzales Torres_Installation_1991)

 

 

 

 

 

In una conversazione che ho avuto con Paolo Rosa di Studio Azzurro, a proposito del loro rapporto con l’estetica relazionale, egli affermava: “Bourriaud ha avuto una rilevante intuizione teorica di questo pensiero, che ha sviluppato in una successiva, e per me un po’ contraddittoria, teoria della “post produzione”. Anche le esemplificazioni da cui sviluppa la sua analisi non mi paiono convincenti. Nel nostro caso l’idea di un’estetica relazionale nasce dalle potenzialità espresse dal linguaggio dominante delle tecnologie e da una lettura sulle pesanti emergenze della nostra epoca. In particolare, l’esperienza dell’interattività manifesta chiaramente come l’opera si spinga, attraverso un processo in cui gli spettatori interagiscono in vario modo con le loro gestualità, oltre la sua stessa ‘forma’ espandendosi in una dimensione puramente ‘relazionale’.  […] Le conseguenze emozionali di chi “prova” l’opera sono più interessanti dell’opera in sé! Qui si esce dall’ ‘estetica della forma’ dell’opera e si manifesta la necessità di pensare l’estetica in termini di relazioni, affiancandole un’adeguata etica della progettualità. Studio Azzurro infatti non si pone come progettista di comportamenti ma viceversa come sollecitatore di risposte espressive e imprevedibili”(3).

Studio Azzurro fa riferimento alle potenzialità del linguaggio tecnologico come modalità per innescare nuovi rapporti di fruizione. Sulla scia di queste sperimentazioni, sebbene originate da premesse differenti, si possono ricordare quelle elaborate da alcuni tra i più interessanti artisti attivi sulla scena italiana. Tra queste, l’invenzione del quadro elettronico (System) di Davide Coltro che per mezzo dell’idea di “trasmissione del flusso artistico” permette di stabilire una connessione nuova tra l’artista e il fruitore. Con il System non si tratta più di rendere visibile un’immagine digitale o una sequenza filmica su un supporto elettronico di tipo tradizionale, quanto di ideare un nuovo sistema relazionale e iconico che unisce l’artista allo spettatore tramite la fitta trama di contenuti e relazioni che il materiale estetico è in grado di attivare. Nuovo è il modello di questa relazione, diretta, spontanea e ricercata in maniera bilaterale sia dall’artista che trasmette che dal fruitore che riceve il flusso; nuova è la modalità di questa relazione, che si attua secondo i tempi e le scansioni di volta in volta definite dall’artista.

 

 

(Davide Coltro_System)

 

 

Altro meccanismo atto a creare inedite reazioni da parte degli spettatori sono gli screen painting ideati da Giuliana Cunéaz. Si tratta di schermi al plasma su cui scorrono le animazioni video in 3D realizzate dall’artista, a partire dallo studio di immagini scientifiche del mondo vegetale tradotte attraverso le manipolazioni della nanotecnologia. Per la simultanea compresenza di immagini virtuali in movimento ed elementi pittorici dipinti al di sopra dello schermo al plasma, i lavori si aprono a una interpretazione ambigua e contraddittoria. Per effetto di questi meccanismi di percezione visiva, gli screen painting si trasformano in organismi viventi che invitano lo spettatore a un contatto diretto e intersoggettivo con l’opera. La logica dell’ipertesto abolisce qualsiasi idea di un punto di vista principale nell’opera per aprirsi a diverse possibili letture, a molteplici ingressi e uscite all’interno di una matrice di percorsi incrociati in cui il lettore, o lo spettatore, viene invitato a entrare in maniera casuale e rizomatica.

La stessa progettualità magmatica rivolta allo spettatore si ritrova nel programma di Alterazioni Video, un gruppo di lavoro che combina l’arte con una fruizione sociale e una percezione alternativa dei nuovi media elettronici. I membri di Alterazioni Video si infiltrano, camuffandosi, attraverso le maglie della società per catturare messaggi e informazioni della comunicazione ufficiale e trasferirli da un media all’altro, dalla street art al web space, dal live set ai laboratori fisici. Sabotatori di immagini, focalizzano la loro attenzione più sull’uso della rappresentazione che sulla produzione vera e propria innescando forme di identificazione e disillusione da parte del fruitore.

 

 

 

(Alterazioni Video_vet-big)

 

 

 

 

Benché sia ancora un work in progess, la ricerca di Umberto Ciceri ha individuato nel linguaggio tecnologico del lenticolare il medium adatto a veicolare il senso del movimento davanti all’opera, che determina la narrazione. Il lenticolare secondo le parole dell’artista, provoca ed innesca una intensa partecipazione creativa dove l’osservatore è davvero il motore dell’opera. La percezione diventa un’azione attiva e relazionale, che sfugge da un lato alla velocità della pellicola cinematografica e dall’altro all’immobilità della fotografia. Come nella comunicazione ipertestuale è l’utente a decidere in ogni passo in che modo continuare a visionare i materiali presentati, così nel lenticolare la sequenza della visione è personale e non dettata dal mittente.

In luogo di “estetica relazione”, per questi artisti si potrebbe parlare di una forma di “tecno-socialità” dove l’artista deve necessariamente modificare il suo iter progettuale e creativo, fino ad ora destinato alla trasmissione e diffusione di opere oggettuali, per sostituirlo con una trasmissione di forme immateriali, in relazione al mutato rapporto tra autore e fruitore e alle diverse esigenze esistenziali dell’essere sociale.

 

 

 

 

 

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Note:

1 Nicolas Bourriaud, L’esthetique relationelle, Le Press du Réel, Parigi 1998.

2 Ibidem,

3 Intervista a Studio Azzurro di Chiara Canali, in Espoarte n.57, Febbraio-Marzo 2009.

 

 

[My two cents, la Rubrica di Chiara Canali n.02 - "La relazione con lo spettatore" - pubblicato su Lobodilattice il 15-02-2010 ]

 

 

 

 

 

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