Sopravvivere in un chip

Anni fa ho letto uno dei migliori romanzi dell'accoppiata Preston & Child, che un tempo erano nell'ipotetica Top 20 dei miei scrittori preferiti.
Il libro in questione s'intitola Mount Dragon. Oramai lo potete reperire nell'usato per un paio di euro.
In un laboratorio-fortezza nel New Mexico dei brillanti scienziati stanno lavorando a una ricerca segretissima, che si rivelerà poi essere la cura definitiva all'influenza. Una scoperta che, per quanto possa sembrare banale, cambierebbe per sempre la storia medica dell'umanità. Ovviamente le cose non vanno come previsto tanto che la cura si rivelerà essere un'arma a doppio taglio, più pericolosa di qualunque virus esistente in Natura.
La trama è piuttosto standard, anche se il livello di scrittura di P&C è superiore alla media. Tuttavia oggi mi soffermo su particolare secondario della storia. Il ricco e geniale proprietario del laboratorio-fortezza, oltre a occuparsi di farmaceutica d'avanguardia, ha creato un universo virtuale (un concetto, per capirci, simile a quello di Second Life) in cui le avatar fittizie di chi vi accede sono copie in tutto e per tutto simili a quelle dei loro proprietari in carne e ossa. Si tratta del Cypherspace.

Non ricordo bene come questo procedimento veniva giustificato scientificamente. Mi pare che per creare un doppione-avatar occorresse sottoporsi a un lungo test d'ingresso, in cui un computer dotato di un'IA molto potente analizzava la personalità del "giocatore", cercando quindi di ricostruire memorie e dettagli, al fine di dar vita a un avatar quanto più verosimile all'originale.
Il punto della faccenda è che, verso la fine del libro, il creatore di Cypherspace muore, ma riesce in qualche modo a sopravvivere in forma virtuale nell'universo da lui stesso inventato.
Certo, si tratta di una vita non fisica, ma in qualche modo è pur sempre vita.
Ed era soltanto il 1996.


L'idea non è certo nuova nella fantascienza. Se non ricordo male anche il nostro Tullio Avoledo fa intuire un futuro (distopico? utopico?) in cui la razza umana sarà ridotta a super-hard disk che non faranno altro che simulare la vita in carne e ossa, su scala planetaria, senza che la gente se ne accorga più. Qualcuno ha detto Matrix?

Oggi è morto Steve Jobs, il più grande visionario dell'ultimo ventennio, almeno per quel che riguarda la tecnologia informatica e le applicazioni digitali. Il mio dispiacere è genuino per una scomparsa dolorosa (per quanto non inaspettata) che ci rende un po' tutti meno fiduciosi in un futuro come quello che si vede nei film di fantascienza di orientamento positivo. Tuttavia, sarà un difetto tipico dello scribacchino, non ho potuto fare a meno di pensare subito a Mount Dragon e a Cypherspace.
Ora, io non so se è tecnicamente possibile replicare una persona in virtuale e far sì che viva un'esistenza indipendente dai comandi del corpo fisico. Una sorta di... super-tamagotchi senziente, se mi permettete il paragone da profano.
Diciamo che, se ci fosse anche solo la possibilità di studiare qualcosa del genere, e se io fossi un multimilionario con un cervello geniale, investirei buona parte delle mie risorse nella creazione di qualcosa così.
Tu chiamala, se vuoi, immortalità.

R.I.P. Steve e grazie del viaggio condiviso.

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