Sono seduto in treno, col Kindle in mano. Torno dal lavoro, è l’una del pomeriggio. Mi attende una tranquilla pausa pranzo e poi il trasferimento nel secondo ufficio. Capita spesso, perciò i vagoni del passante ferroviario li conosco bene. Si sentono tanti bei discorsi, viaggiando in treno. No, ok alcuni incontri che si fanno in viaggio sono aberranti, è vero.
Questa volta divido lo scompartimento da quattro sedili con tre ragazzi. Hanno 18 anni, frequentano la quinta superiore. Lo si capisce in fretta dai loro discorsi. Parlano del futuro. Della patente da prendere, dei viaggi da fare, della maturità.
Uno di loro dice che non vede l’ora di diplomarsi per partire per gli Stati Uniti. I suoi genitori gli hanno promesso di pagargli un viaggio oltreoceano. Non è però un vezzo, né la voglia di andare lontano solo per fare casino. No, questo ragazzo ha intenzione di girare un documentario sulla street art della Costa Ovest, per poi ricavarne un documentario. Lo vuole fare con degli amici e l’idea, si sente dal tono di come racconta tutto ciò, lo esalta e lo spinge a dare il meglio di sé.
In un primo momento penso che i tempi sono davvero cambiati.
Quando mi sono diplomato io, portare a termine gli studi era un obbligo, non qualcosa per cui essere premiati.
“Studiare è il tuo lavoro“, mi diceva sempre papà, metalmeccanico da una vita. Ed era vero.
Poi però ci ho ragionato su. No, i tempi non sono cambiati così tanto. Anche nel lontano 1994 avevo dei compagni che, una volta maturati, ricevettero in premio motorini, auto, viaggi in Interrail o altre cose a quei tempi molto costose (computer, per esempio).
Il fatto è che più si invecchia più si prova insofferenza verso i giovani.
In effetti a volte è una sensazione giustificata.
Proprio perché frequento i treni in orari “scolastici”, mi capita di assistere allo sfacelo di una generazione senza punti di riferimento, senza sogni, senza passioni più grandi e “nobili” dell’ubriacarsi fino a svenire.
Poi, per fortuna, ogni tanto salta fuori un tipo come quello del documentario in America, per resettare un poco questo senso di negatività che provo verso le nuove generazioni.
Dicono che noi “non più giovani” (ho 39 anni, mica 89, eppure…) siamo solo invidiosi di quel che abbiamo perso, ovvero la bella età.
Può essere. Chissà poi se era davvero bella, quell’età.
Di una cosa io sono invidioso per davvero: delle possibilità che hanno i diciottenni di oggi.
Ok, viviamo un periodo di crisi. Eppure il nostro presente è ricco di opportunità. Il Web, che molti barbogia accusano di dissociare la gente dalla realtà, è una grandissima risorsa. Oltre a offrirci il Sapere a costo bassissimo, il Web offre molte occasioni alle persone di talento e/o di buona volontà.
Il mondo non è mai stato così grande e al contempo così raggiungibile.
Un giovane sveglio e volenteroso può tentare di realizzare qualunque sogno. No, non intendo dire che tutti i diciottenni possono diventare rockstar (anche se chiunque ha il diritto di provarci). C’è chi può seguire un corso online per diventare sistemista, e poi trovare lavoro in uno studio informatico a Londra, a Stoccolma, in Tibet, o in qualunque altro posto voglia andare.
C’è anche chi può studiare il portoghese e cercare lavoro in Brasile. Oppure può corteggiare una ragazza in Sud Africa, senza muoversi dalla cameretta. Può condividere la passione per la fotografia, per poi magari scoprire di avere un talento che altri apprezzano.
Le possibilità sono infinite.
Quel che fa arrabbiare è pochissimi dei “nostri” ragazzi sfruttano queste opportunità.
Forse perché nessuno spiega loro che le hanno e che sono a portata di mano.
Forse perché hanno inculcato nelle teste dei giovani che tanto il futuro non esiste, che questo paese è derelitto, in mano ai soliti circoletti di amici raccomandati, e che gli altri farebbero meglio a fare gli sguatteri in un McDonald, perché intanto non c’è futuro.
Invece quel futuro c’è, o quantomeno si può provare a costruirne qualche pezzo.
Magari la colpa dell’imbarbarimento delle nuove generazioni non è sempre dei cattivi maestri. No, a volte la colpa è dell’assenza totale di maestri, ovvero di qualche persona di buona volontà che si sieda, spiegando a questi giovanottoni che il mondo magari può essere un posto un po’ più interessante di come lo descrivono in disfattisti cronici.
Nota: Tutte le foto di questo post sono di October Jones. Seguitelo su Twitter, ne vale la pena.
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