Tra piovosi pomeriggi guastafeste e l’instancabile tran tran milanese si è conclusa anche quest’anno la sesta edizione di Start Milano, manifestazione che raccoglie 37 gallerie d’arte tra le più attive nel panorama contemporaneo con un’iniziativa di quattro giorni in cui gallerie, fondazioni e musei hanno unito le forze per presentarsi al pubblico attraverso un programma ricco di iniziative. Tutto è iniziato giovedì sera e si è concluso domenica, tra aperture straordinarie, conferenze e party serali, siamo andati a vedere da vicino le proposte di questa nuova stagione.
Ovviamente qeulle che seguono sono solo alcune tra le tante gallerie che hanno aderito alla manifestazione. La scelta è caduta su quelle che a parer mio hanno selezionato gli artisti più interessanti e ho tentato di fare una cernita scegliendo tra artisti che sperimentano attraverso diversi canali di comunicazione.
Tra le mostre più interessanti è certamente da segnalare quella di Fabbri che ha riunito 16 artiste facendole ragionare sul tema del bianco. La selezione di Renata Fabbri e Federico Sardella si rivela originale e ponderata. Tra nuove leve e celebri nomi dell’arte troviamo Luisa Protti, che continua il suo ragionamento sulla forma, Maria Elisabetta Novello, che utilizza la cenere in modo del tutto originale. Un soffitto di pane è il lavoro proposto da Arianna Giorgi, mentre Mariella Ghirardini fa dialogare le sue forme in un gioco di rimandi in cui l’una diviene immagine delll’altra, dilaogando silenziosamente nel bianco che le circonda e le accompagna. Questi sono solo alcuni tra i nomi da scoprire alla Fabbri, in mostra fino al 5 novembre.
Kaufmann Repetto propone Yoshua Okono, che fa rivivere agli spettatori la guerra in Guatemala ambientata nel parcheggio di un Home Depot della periferia di Los Angeles. I performer sono finti attori, immigrati clandestini che mimano una guerra senz’armi in un campo di battaglia fasullo. La critica implicita nei lavori dell’artista, velata da una cinica ironia (la video installazione è ambientata tra pezzi di casette prefabbricate in plastica) si rivela impeccabile esteticamente e la scelta di contrapporre la videoinstallazione Hipnostasis (narrativa frammentata di una comunità hippy dall’utopia fallita) innesta un dialogo ricco di spunti. Interessante anche la project room, spazio che la galleria dedica ai nuovi talenti. Ora è il turno di Talia Chetrit, giovane fotografa che lavora in analogico proponendo immagini in bianco e nero.
Zero apre i battenti con un’artista iraniano, Amir Mogharabi, interessante per la scelta dei materiali che decide di far dialogare, l’alabastro e il vetro, e per il confronto con la storia dell’arte cristallizzato nelle due opere dedicate alla donna in bianco di Picasso.
Singolare anche Corsoveneziaotto che propone Tilman Horing, artista tedesco contraddistinto da un sapiente utilizzo del colore e della materia, tele che divengono tridimensionali, forme che si intrecciano alla ricerca d’armonia. Non manca il figurativo; l’artista si distingue per l’abilità tecnica e la galleria per un bellissimo allestimento.
Big flop invece per il party tanto atteso alla Fabbrica del Vapore, una band dalla dubbia valenza musicale e un dj set talmente intrigante da anticipare l’orario di chiusura un’ora prima. Solo l’installazione di Anish Kapoor è riuscita a risollevare le sorti della serata.
Giò Marconi era talmente entusiasta di partecipare a start da chiudere la galleria sia sabato che domenica, lasciando a bocca asciutta visitatori e collezionisti. Pare che il galllerista si stia preparando per l’inaugurazione della mostra di mercoledì 22, ma essendo tra gli organizzatori e i promotori di start la pecca è stata decisamente degna di nota.
Come ogni anno il polo di via Ventura si contraddistingue per l’alto livello delle proposte. Mimmo Scognamiglio gioca sul confronto. What? è il titolo della collettiva inaugurata con Start, una selezione di nuove proposte e celebri nomi. Cosa è arte contemporanea? Cosa significa evoluzione del linguaggio? Cosa ha contraddistinto il percorso della galleria? Questi sono alcuni degli interrogativi che emergono dalla visita della mostra. Dal celebre Paladino a Nicola Villa, da Max Neumann a Lucio Perone, la galleria che ha recentemente cambiato sede si scopre ancora una volta all’altezza del suo grande nome.
Francesca Minini esordisce con “O”, personale dell’artista danese Simon Dybbroye Moller . «O - spiega l'artista danese - è l'opening. O è una pancia. O è volume. O è il titolo della mia seconda mostra da Francesca Minini. È una mostra che oscilla tra l'eccesso e il quasi nulla; tra il consumo senza limite e indifferenza passiva». Tra ombrelli, scale, ventilatori e caschi la mostra si rivela divertente e piena di echi surrealisti riletti in chiave contemporanea.
Per chi non avesse ancora avuto modo di vederla, è ancora in mostra alla celebre galleria di videoarte Lia Rumma la doppia personale (nelle sedi di Milano e Napoli) di Vanessa Beecroft. A Milano due performance, VB70 e VB MARMI. Ancora una volta l’artista italiana si concentra sui temi quali la bellezza, l’identità e il corpo. Una decina di modelle nude, statue-corpo dai lenti movimenti compongono una scena completata da marmi, pietre e blocchi di pietra grezza. Tra l’altro alcune sculture della performance Marmi saranno presentate alla biennale di Venezia, dal 3 al 27 novembre.
I pareri dei galleristi sull’esito della manifestazione sono stati discordanti: c’è chi ha detto che la manifestazione ha incrementato il numero di visitatori e chi invece non ne ha trovato giovamento; in generale la percezione è stata positiva, collezionisti e appassionati giravano per la città con la mappa delle gallerie in mano alla ricerca delle preferite e la rassegna di video arte al museo Pecci è stata certamente d’aiuto dato il numero di visitatori presenti.
Forse la speranza del presidente dell’associazione, Pasquale Leccese si è avverata; tramite la cooperazione di galleristi e operatori dell’arte Milano ha scoperto anche quest’anno proposte interessanti in campo artistico e, pur senza un museo d’arte contemporanea, rimane ancora tra le capitali dell’arte in grado di rivaleggiare con le più importanti città estere.