Vera Portatadino - Copertina n.377

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Vera Portatadino.

 

Da dove vieni?

Sono nata e cresciuta in provincia di Varese, tra il lago e il bosco, tipologia di paesaggio che in qualche modo ha inciso nella mia formazione. L’esplorazione della natura, la sua ricchezza seducente e la sua mutevolezza hanno giocato un ruolo fondamentale nella mia crescita come individuo e come artista. Ho 32 anni e dopo gli studi classici al liceo, mi sono prima trasferita a Milano per frequentare il triennio di Arti Visive alla NABA, e in seguito mi sono spostata in Inghilterra, a Londra, dove ho conseguito un Master in Fine Art, presso il Chelsea College of Art and Design. Quest’esperienza è stata senza dubbio un passaggio fondamentale che, nello specifico, ha maturato in me la consapevolezza di essere una pittrice, oltre ad avermi donato l’opportunità di vivere e confrontarmi in un clima internazionale e vivace. In seguito, sono ritornata in Italia per motivi non strettamente legati alla professione e, inizialmente, con la prospettiva di ripartire dopo poco. Nel 2014, nuovamente a Varese, mia città natale, ho deciso di rimboccarmi le maniche e fondare Yellow, un artist-run space dedicato alla pittura, che è anche il punto di unione tra le due esperienze, quella italiana e quella londinese.

 

Cosa fai?

Sono un’artista pittrice, sebbene in passato abbia utilizzato molteplici linguaggi. La pittura è diventata il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera: un modo di scoprire e percepire il mondo, una strada per tradurlo e suggerirne una prospettiva. Recentemente ho cominciato a esplorare la ceramica, grazie alle iniziative di Lorenza Boisi e ho intenzione di riprendere a lavorare con le tecniche di stampa antiche e moderne, con l’obiettivo di realizzare edizioni e libri d’artista.

Considero parte della mia pratica artistica, anche il mio lavoro a Yellow, la scrittura di testi, la progettazione e messa a punto degli eventi e delle mostre… Sempre in una dinamica di passione totalizzante per il fare pittorico. Yellow è una tela tridimensionale, un poco più grande del solito, in cui entra in gioco anche il lavoro di altri artisti, così come l’aspetto relazionale con essi e con lo spazio.

 

Dove stai andando?

Fino al 2015 lavorato a una serie di quadri ispirati a un viaggio compiuto in Tanzania, dove l’estrema meraviglia della natura è al contempo teatro della più spietata e inesorabile morte. Questi dipinti vogliono raccontare l’aspetto seducente della natura, insinuando la minaccia, spesso impercettibile, di una fine. Recentemente ho cominciato un ciclo di opere che vanno a pescare nell’immaginario legato al mito, come Argo Cento Occhi, l’Argo Panoptes del mito greco e delle metamorfosi di Ovidio, fino al 10 aprile in mostra al Museo Bodini di Gemonio, nella collettiva Il Nocciolo Della Questione. Argo è un gigante che “tutto vede” e che non dorme mai. Mi ha affascinato l’idea di un essere continuamente stimolato da ciò che gli sta intorno. Gli occhi possono diventare delle ferite e la bellezza che lo circonda un’arma a doppio taglio. Nella prima versione del quadro, Argo si scopre in un paesaggio mutevole e presagisce il destino che lo attende nell’abbozzo di piuma di pavone. Di Argo, sto lavorando a una serie e contemporaneamente sto lavorando ad alcune foreste, anche in vista di una prossima collettiva a Villa Contemporanea di Monza, sul tema della selva.

 

Cosa vuoi?

Mi ha sempre affascinato il rapporto con l’alterità, con il paesaggio e con la natura, scenari privilegiati della performance più antica e potente del mondo: l’esistenza.  Quello che mi ossessiona maggiormente della realtà è la sua imprescindibile contraddizione, la bellezza minacciata dalla sua precarietà, lo splendore e la sua fine, la godibilità e la drammaticità della vita. Delle “banalità” che sono l’esperienza più condivisibile e comprensibile nella storia dell’uomo e che suscitano tutto il mistero dello stare al mondo. Le mie opere cercano di fermare sulla tela dei momenti evocativi di questo mistero e di questa fascinazione. Sono paesaggi e situazioni, in bilico tra figurazione e astrazione, in cui qualcosa si crea e si disfa contemporaneamente.

Anche il mito racconta delle esperienze elementari e comuni nella storia degli uomini, delle verità, a mio giudizio, sempre estremamente contemporanee e meritevoli di interesse. Voglio qualcosa di vero per me, per quanto “banale” sia, che mi desti, mi nutra e mi interroghi, e che forse possa dire o domandare qualcosa anche degli altri.

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

 

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