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newsletter di Lobodilattice

Tiziano Doria - Copertina n.403

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Tiziano Doria.

 

 

Da dove vieni?

Sono lucano ho studiato all'Accademia di Belle Arti di Firenze e poi a Brera. Adesso vivo a Milano, dove lavoro.

 

Cosa fai?

Ho studiato pittura ma ho sempre usato la fotografia. Credo sia il mio mezzo. Ha una componente tecnica molto rigida, questo mi permette facilmente di infrangere l'ordine delle cose, così come di accettarlo. Si sta al buio spesso da soli, si ha che fare con la materia e la si combina. Si ha a che fare l'acqua e le delusioni. Credo di preferire la fotografia perché è ambigua, si presta facilmente al fraintendimento. Uso le immagini che trovo, di altri e le ricombino, le piego a mio volere o a questo tendo.

 

Dove stai andando?

Con lo stesso interesse alle immagini fisse, ferme, adesso sto mettendo le mani su quelle in movimento, sto girando piccole cose in 16mm che poi manipolo in fase di stampa o di sviluppo. Sono ancora agli inizi.

 

Cosa vuoi?

La cosa che mi piace è quella di individuare, attraverso una ri-mediazione di alcuni mezzi o supporti, una ulteriore trama, magari nascosta magari inesistente e portarla sotto gli occhi di tutti. Per esempio, come una piccola impresa sportiva possa diventare epica o come sentire uno smodato amore nelle parole di un feroce despota.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

 

PER APPROFONDIRE:

www.tizianodoria.blogspot.it

Aldo Sergio - Copertina n.402

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Aldo Sergio.

 

 

Da dove vieni?

Sono nato a Salerno, dopo il diploma artistico ho conseguito la laurea in Antropologia presso l’Università di Perugia senza mai abbandonare la ricerca pittorica. Successivamente mi sono trasferito a Parigi, per poi approdare a Milano dove attualmente vivo e lavoro.

 

Cosa fai?

Prediligo il mezzo pittorico ma in questa fase della mia carriera artistica sento il bisogno di sperimentare nuove tecniche affini. La ricerca mi consente di indagare più in profondità il mio lavoro e soprattutto me stesso.

 

Dove stai andando?

E' difficile dire dove sto andando perché sono convinto che l’obiettivo sia solo la luce che illumina la strada e non la strada da perseguire.

 

Cosa vuoi?

Vorrei che il mio lavoro possa condurre al silenzio e alla riflessione.

Ogni persona vorrebbe essere esonerata dal peso del pensiero e della sensazione, ma il mio obiettivo è proprio quello di richiamare il fruitore al proprio ruolo attivo. Ognuno dovrebbe trovare il proprio senso in quello che guarda, non esiste una sola chiave di lettura per entrare in un’opera, anzi spesso la chiave con cui vorremmo dare un senso a quello che vediamo, in realtà non fa altro che chiudere. Così ci si mette al sicuro dalle brutte figure, ma si rischia di spegnere la fertilità del processo artistico: esso è dialogico sempre.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

PER APPROFONDIRE:

www.aldosergio.it

Cristina Fiorenza - Copertina n.401

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Cristina Fiorenza.

 

 

Da dove vieni?

Sono cresciuta fra Salerno e Napoli, e studiato architettura e arte a Napoli, Weimar e Berlino; successivamente ho lavorato come architetto e parallelamente cominciato collaborazioni con gallerie; adesso mi dedico completamente al mestiere dell'artista. Sono un artista multidisciplinare. Vivo principalmente a Vienna. A 18 anni ho smesso di dire quanti ho, perché ho paura del tempo che passa.

 

Cosa fai?

sono artista, mi identifico completamente e intimamente con la mia produzione.

 

Dove stai andando?

Vivo sempre nel presente, quindi ti parlo del progetto a cui attualmente sto lavorando. Si tratta di un progetto ambizioso: sono circa 1,5 x 70 metri di disegno, posizionati di fronte ad una capsula di un'astronave, costruita di legno e cartone della grandezza per cui una persona può entrarci. Nel disegno/collage sono rappresentati molti personaggi (tribali) mostri, parti in tessuto che ricordano la costruzione di capanne; è un lavoro narrativo ma non troppo, disarmonico. Purtroppo questa intervista arriva venti giorni in anticipo rispetto all'apertura della mostra, quindi lascio a voi la volontà immaginativa. L´installazione sarà nel Kunstverein Steyr, in Austria, uno spazio bellissimo di 500 m².

 

Cosa vuoi?

Mi piace mischiare diverse discipline, e uso molti materiali diversi senza alcuna priorità. Mi interessa davvero tutto, il disegno, la pittura, la struttura, l´architettura (effimera e spontanea), la forma, la ceramica; ho bisogno di cambiare sempre per curiosità e per la mia formazione come architetto e artista contemporaneamente. Ho una indole molto curiosa, per lunghi periodi devo solo dipingere, perché la pittura é una sfida enorme, ma ho bisogno anche di comporre nello spazio. Inoltre le pause dalla pittura mi aiutano a potermi rigenerare. Ma forse la mia migliore amica resta la carta, posso portarla sempre con me, in qualsiasi momento lasciare tracce, poi accartocciarla e via.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

PER APPROFONDIRE:

www.cristinafiorenza.com

 

Claudia Matta - Copertina n.400

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Claudia Matta.

 

 

Da dove vieni?

Vengo da dove c'è l'acqua tutto intorno, sono sarda. Ho una laurea in Pittura conseguita in Sardegna e un abbozzo di studi in Filosofia all'Università di Bologna, che ho però interrotto. Ho trentatré anni come Gesù, ma a differenza sua spero di superarli.

 

Cosa fai?

Penso, mangio, mi arrabbio, fumo, scrivo, mi ubriaco e ascolto molta musica. Non necessariamente in quest'ordine. Da qualche anno mi concentro prevalentemente sulla pittura, ma lavoro anche a progetti site-specific con diversi media a seconda del luogo.

 

Dove stai andando?

Se davvero sapessi dove sto andando tornerei subito indietro.

 

Cosa vuoi?

Non lo so cosa voglio. Mi interessano le miserie umane, i pozzi dove la comunicazione non arriva, i difetti di tutti. Mi piace quando una persona che si relaziona al mio lavoro comincia a considerare la realtà come una variabile.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

 

PER APPROFONDIRE:

www.claudiamatta.it

Denis Riva - Copertina n.399

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Denis Riva.

 

 

Da dove vieni?

Sono nato nel 1979 al centro del Ganzamonio (il triangolo bermudale emiliano - Ferrara, Modena, Bologna). Non ho mai smesso di alimentare il mio interesse per la pittura e il disegno. Nel 1998 mi sono diplomato all'Istituto d'Arte "Dosso Dossi" di Ferrara, e da quel momento ho iniziato ad esporre il mio lavoro. Dal 2013 ho iniziato a firmare le mie opere con lo pseudonimo "Deriva".

 

Cosa fai?

Non è ben definibile, ho diversi capitoli aperti. Resto vicino alla pittura e al disegno, fluido e spigoloso, ma in parallelo mi occupo di sperimentazioni video, di suoni e di stampa nelle sue svariate tecniche.

Molti dei progetti che realizzo nascono da visioni generate dal mio vivere quotidiano, ma anche da ritrovamenti fortuiti: mi ritrovo circondato da cose che recupero e accumulo nel mio studio, che nel tempo si mescolano, si uniscono o si scacciano tra loro. La carta è un grande tesoro, la conservo, la strappo, la incollo, la tocco, la piego, la metto in tasca, la nascondo, la regalo, la stimo.

 

Dove stai andando?

Non so dire dove vado, i sentieri di ricerca intrapresi potrebbero portare a risultati inaspettati. Spesso la ricerca stessa diventa un punto di ricerca che si esaurisce prima che la ricerca possa finire. Seguire il mio istinto resta una pratica fondamentale.

 

Cosa vuoi?

Dipende, niente? Mi sembra già abbastanza. Ma so che non basterà.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

PER APPROFONDIRE:

www.denisriva.com

Antonio Gibotta - Copertina n.398

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Antonio Gibotta.

 

 

Da dove vieni?

Ho 28 anni e vivo a Napoli, ho frequentato l’Istituto d’Arte dove mi sono diplomato in Grafica pubblicitaria e Fotografia. Ben presto però  ho capito che volevo dedicarmi completamente alla fotografia, ho continuato quindi frequentando corsi e workshop di affermati fotografi ed esperti di post produzione.

 

Cosa fai?

La risposta sembra banale: fotografo! Non saprei dirlo con altre parole. Il mio rapporto con la fotografia è iniziato in modo assolutamente naturale. Ricordo che da bambino mentre guardavo mio padre preparare le sue macchine prima di un lavoro, desideravo che mi portasse con lui, era come se mi sentissi chiamare dalla fotografia, lo sentivo come un bisogno, una specie di vocazione. E quando mio padre, fotografo professionista, mi permise di realizzare i miei primi scatti con la sua Nikon f3, capii subito che nella vita non avrei voluto fare nient'altro che scattare. Spesso penso che sia stata la foto a scegliere me e non viceversa.

 

Dove stai andando?

La fotografia che mi da modo di esprimermi al meglio è quella di reportage. Al centro del mio obiettivo ci sono l'uomo e l'attualità delle tematiche sociali. La fotografia è la mia forma di espressione. Sono sempre stato piuttosto taciturno e non amo particolarmente stare al centro dell'attenzione, preferisco osservare e ascoltare ciò che mi circonda e, solo nel momento che ritengo giusto, agire cercando di catturare quello che in fotografia viene definito il momento decisivo. La fotografia mi permette di esternare quello che ho dentro di me senza ricorrere all'uso di mille parole. In tutto ciò c'è qualcosa di magico, emozionante. Cerco di dare potere evocativo alle mie fotografie. Talvolta evocano dolore e sofferenza, altre invece gioia.

Prima di intraprendere un viaggio cerco di documentarmi sul luogo che andrò a visitare. Capita che poi, una volta sul posto, l'occhio e l'attenzione siano catturati da eventi diversi. Il più delle volte mi affido all'istinto, non amo le cose programmate, piuttosto viaggio alla costante ricerca di un soggetto interessante. Amo viaggiare in cerca di storie da raccontare, mi piace molto anche ritrarre volti, cercando di far leggere, tra le rughe del soggetto, l'esperienza di vita vissuta: la sfida maggiore è riuscire a far intravedere l'anima attraverso il riflesso degli occhi. Ho un'insaziabile curiosità per le culture e i popoli diversi dal mio. Quando sono in un paese straniero cerco di ridurre al minimo l'impatto, approcciandomi alle persone che incontro con la massima discrezione. Mi riesce abbastanza facile, essendo per natura piuttosto riservato. Le persone dopo un po' di tempo dimenticano quasi la mia presenza e riesco, a volte, a ritrarre le loro abitudini quotidiane, certe volte anche estremamente intime.

 

Cosa vuoi?

Questa è una domanda alla quale non è facile rispondere. Spesso mi chiedo anche perché volgo così spesso il mio sguardo, e quindi la mia macchina fotografica, verso quelli che vengono definiti gli “ultimi". Da anni, grazie alla collaborazione con Caritas e Unitalsi, cerco di far emergere storie di emarginati, di malati. Forse le mie foto non faranno notizia come l'ultimo fatto di cronaca, però credo sia importante cercare di sensibilizzare la gente, che spesso lancia un'occhiata stranita di fronte a persone meno fortunate, affinché si renda conto dell'importanza della solidarietà. Questi sono alcuni dei motivi che più di un anno fa mi spinsero a salire sul treno bianco che porta i bambini ammalati a Lourdes, in un viaggio intriso di speranza, di amore verso il prossimo, di fede e di solidarietà. Le realtà che ho visto in questi viaggi hanno cambiato il mio intimo sentire, hanno ribaltato la mia scala di valori, facendomi essere grato alla vita per quello che mi ha regalato.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

PER APPROFONDIRE:

www.antoniogibotta.com

Marta Mancini - Copertina n.397

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Marta Mancini.

 

 

Chi sei?

Sono nata nel 1981 a Roma, dove tuttora vivo. A casa mia si è sempre respirato un clima artistico, un mix di musica arte e letteratura. Credo che sia dovuto a questo se fin dall’infanzia mi sono orientata verso interessi e studi artistici, ho frequentato il liceo artistico e poi l’accademia di belle arti. Portando avanti in parallelo studi ed esperienze musicali, che ancora oggi hanno una grande influenza sul mio modo di lavorare.

 

Cosa fai?

Sono una pittrice. Nella mia pratica l’identificazione è un dato importante, la pittura è il mio doppio e comprende tutti gli aspetti della vita vissuta, anche quelli più intimi ed esistenziali, che cerco di affermare ed interrogo finché il quadro raggiunge un suo livello di autonomia.

 

Dove stai andando?

E’ difficile dirlo, ma credo che in questo momento sto sondando alcune possibilità del mio linguaggio. La ricerca si muove in direzione non narrativa, sto lavorando attorno a problematiche legate all’organizzazione dello spazio, sono attratta dal senso del vuoto e del pieno e da un’idea di pittura organica e frontale.

 

Cosa vuoi?

Mi interessa che le mie opere rimangano aperte, percepisco la risposta altrui come un elemento vivo dell’opera proprio in virtù della sua autonomia.

La mia volontà rimane all’interno del fare pittorico, sto cercando di lavorare in un senso non nostalgico ma di dialogo con il presente, dando al lavoro un’intenzione e una spinta verso l’esterno in un ripetuto sforzo di accelerazione. Accelerazione e rallentamento sono i due aspetti del tempo che oggi mi interessano di più nella pittura, in una strana competizione con la mia indole tendenzialmente statica o poco incline alle spericolatezze.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

Davide Monaldi - Copertina n.395

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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Davide Monaldi.

 

 

Da dove vieni?

Sono nato a San benedetto del Tronto, ho 33 anni; ho frequentato l'Istituto d'Arte ad Ascoli Piceno per poi (dopo una breve esperienza allo IED di Milano) proseguire gli studi presso la RUFA (Rome University of Fine Art); conseguita la laurea triennale in Scultura mi sono trasferito a Londra, dove ho frequentato un corso di illustrazione presso la Central Saint Martins college. Attualmente vivo e lavoro a Roma.

 

Cosa fai?

Sono uno scultore, ho iniziato con il disegno ma dopo un po' ho sentito la necessità di estendere la mia ricerca alla scultura. Lavoro con la ceramica: la scelta di questo materiale è stata piuttosto semplice, in quanto fin da subito ho capito che poteva essere la tecnica più adatta alla traduzione scultorea dei miei soggetti di grafica. Sono un autodidatta e il mio primo approccio alla materia è stato piuttosto traumatico, ci sono voluti anni per acquisire la tecnica necessaria ad esprimere quello che avevo in testa. La ceramica mi piace perché mi aiuta a creare immagini che probabilmente con altri materiali non sarei in grado di esprimere: è un materiale caldo, naturale e, anche quando racconto storie cupe, mi permette di sdrammatizzare il concetto che c'è dietro il lavoro.

 

Dove stai andando?

La sfida al materiale è sempre stata un aspetto importante della mia ricerca: è fondamentale per me trovare il materiale adatto e riuscire a plasmarlo secondo il mio progetto. Ho usato la ceramica per realizzare oggetti "banali" (elastici, hula hoops, chewing-gums calpestati) con l'intento di nobilitarli e volendo allo stesso tempo sfidare la tecnica in quanto, pur nella loro apparente semplicità, questi elementi richiedono una particolare perizia nella loro traduzione scultorea. In molti casi scelgo oggetti che mi affascinano per la loro forza plastica, mentre in altri casi sono da considerarsi metafore di miei stati d'animo o veri e propri autoritratti. Attualmente sto integrando il mio lavoro attraverso l'utilizzo di altri materiali come il legno ed il cemento; credo sia necessario stimolare continuamente la propria creatività uscendo dalla propria "safety zone". Sono determinato nel trovare nuove strade da esplorare. In questo ultimo periodo sto studiando le terracotte delle antiche civiltà: sono molto affascinato dall'essenzialità di queste opere e dalle prime sperimentazioni con questa tecnica millenaria.

 

Cosa vuoi?

Con il mio lavoro cerco di farmi conoscere e raccontare una parte di me attraverso piccole storie legate alla mia quotidianità e alle mie esperienze personali. La mia intenzione è quella di approfondire la conoscenza delle tecniche. Il linguaggio della scultura è in continuo mutamento, mi piace lavorare con materiali semplici e naturali e - soprattutto nella mia ultima produzione – ho cercato di essere il più essenziale possibile usando spesso la semplice terracotta rossa senza l'aggiunta di smalti o altre tecniche di decorazione. Con questo nuovo ciclo di opere a cui sto lavorando intendo suscitare nell'osservatore una sensazione di disorientamento, vorrei annullare dei possibili punti di riferimento e creare qualcosa che non si capisca esattamente quando possa essere stata concepita, che non sia ricollegabile ad un preciso periodo storico; un'opera "atemporale" ma al tempo stesso familiare.

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

PER APPROFONDIRE:

www.davidemonaldi.com

 

Patrick Tabarelli - Copertina n.394

nice art image Patrick Tabarelli

Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.

Questa settimana è la volta di Patrick Tabarelli.

 

 

Da dove vieni?

Sono nato nel 1979 vicino a Verona dove ho passato buona parte della mia gioventù. Le mie esperienze professionali e formative hanno sempre alternato ambiti scientifici a quelli artistici. Ho lavorato per un paio d’anni presso Science Photo Library a Londra. Rientrato in Italia mi sono diplomato in Pittura a Milano, con una tesi sull’ubiquità intesa come paradigma in grado di definire l’immagine. Precedentemente mi ero laureato in Design della comunicazione.

 

Cosa fai?

Cerco di porre una distanza tra le “cose” per vedere fino a che punto può sussistere tra loro una relazione. È un modo per metterle alla prova e vedere se questo innesca dei cambiamenti. Mi interessa soprattutto il carattere volatile e liquido delle immagini.

Buona parte della mia ricerca prende vita attraverso il medium pittorico, che ritengo abbia ancora una qualità di informazioni più interessante rispetto ad altri mezzi. Il modo in cui uno spettatore interagisce ed ispeziona una superficie pittorica per me rappresenta un valore. Per questo cerco modalità produttive che lo incuriosiscano e lo spingano a interrogarsi sulla loro natura, la loro origine, la loro storia. I moiré della serie {F} (2016) per esempio esistono solo in funzione della distanza tra le linee che li compongono e della distanza dalla quale li si osserva.

 

Dove stai andando?

Da qualche anno ho iniziato a decostruire i miei processi lavorativi e a rimetterli insieme attraverso algoritmi con lo scopo di ampliare la loro indipendenza generativa. Al contempo utilizzo drawing machines artigianali per impiegare il loro segno. In {CA} (2015) ho utilizzato degli automi cellulari per costruire una percezione tattile e visiva di un millimetro cubo di sangue. All’inizio pensavo in questo modo di rovesciare la prospettiva con cui guardavo al mio lavoro, ma ho capito solo successivamente come questi diversi processi abbiano esteso la narrazione al di là del supporto. Cohen era solito usare l’espressione “collaboration with my other self”.

In 500 Unreachable Islands (2015, in progress) ho cercato di dilatare lo spazio creativo tra me e l’opera. Partendo da cinquecento immagini fotografiche scattate da persone differenti su altrettante isole in giro per il mondo, ho scritto un software che sulla loro base “dipingesse” altrettanti orizzonti.

 

Cosa vuoi?

La scoperta della grotta Chauvet ci ha rivelato che produciamo immagini da almeno 32000 anni, ma la domanda per me è rimasta sempre la stessa: cosa rende alcune immagini così evocative?

 

Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso

 

PER APPROFONDIRE:

www.patricktabarelli.com