3 canti per DI CAPRIO //// LEONARDO agli OSCAR

tre canti per Leonardo Di Caprio Great Gatsby street  labrouge

(Di Pino Farinotti). Ho parafrasato un famoso titolo Tre canti per Lenin, del regista russo Dziga Vertov, uno dei maggiori paladini dell’ideologia marxista. Tre autentiche apologie di quello che viene definito il messia della rivoluzione. Riportando i termini al cinema, cioè a qualcosa di infinitamente meno serio di … Lenin, intendo spezzare tre lance – invece che intonare tre canti- a favore di Leonardo DiCaprio, che concorre all’Oscar come migliore attore protagonista. E’ legittimo dire che se DiCaprio non vincerà l’Oscar 2014 sarà stata consumata una delle più clamorose ingiustizie della storia del cinema. Leonardo ha 39 anni, ne ha ancora molti davanti a sé, ma ne ha molti anche dietro, se è vero che fa cinema dal 1991, quando aveva 17 anni. Sarebbero davvero molti i film in cui l’attore californiano ha lasciato un segno profondo e magnificamente allarmante, per qualità e incanto. Lo spazio mi consente solo una selezione, e il focus va sulle sue ultime tre performance, appunto: Django Unchained, Il grande Gatsby e The Wolf of Wall Street. In “Django” DiCaprio è uno schiavista elegante e di crudeltà assoluta, con una violenza imbrigliata e implosa. Nel “Gatsby” trasmette l’energia febbrile e il sogno di uno dei più complessi e affascinanti personaggi della letteratura americana. “The Wolf” è nelle sale in questi giorni, è d’attualità, è argomento vivo. Non è un film sconcertante perché il cinema è una disciplina che tutto si può permettere, dunque non può sconcertare, tuttavia ha mandato segnali estremi, un eccesso di tutto, con quell’intenzione frenetica, da parte dell’autore Scorsese di vendere  al più alto prezzo lo spettacolo: uno sforzo sproporzionato, un’iperbole della quale il regista non avrebbe bisogno. Come se dicesse: “ho più di settant’anni, ma la mia energia è sempre la stessa, anzi, è maggiore. Sono in grado si stupirvi, più di prima.”

Il film presenta un DiCaprio personaggio, dedito a tutto, dipendente da ventidue sostanze di droga, dalle orge, dal bisogno parossistico di denaro e di successo, un grande affascinante imbroglione, completamente avulso da ogni senso morale. Scorsese si muove in un paese delle meraviglie, che erano squisitamente “sue”. Anche se non è facile meravigliare un artista come lui. Così si è trovato su un terreno che conosce benissimo, perfetto per il suo percorso di autore e di uomo, vissuto alla sua maniera, in chiave di invenzione e stupore febbrile.

Una dichiarazione interessante, magari strumentale, la pronuncia “the Wolf/Leonardo: “non capisco come ci si possa divertire se non si è strafatti.”

Il film trabocca di scene di sesso, anche collettive, nudi intergali maschili e femminili, cosce, natiche, seni, “cespugli” che passano continuamente, episodi reiterati, dunque superflui. E poi amplessi che si fermano a un millimetro dall’hard.

E ancora cocaina, pillole peggiori e più evolute, strisce bianche assunte continuamente. Momenti di sballo lunghissimi e invasivi.

Nel suo show David Letterman, il conduttore/opinionista che fa testo nello spettacolo e nella comunicazione americana, tutto questo lo ha rimproverato a Scorsese  -certo col sorriso, l’unico modo in cui si può rimproverare Scorsese -

Dunque il regista ha ecceduto, ma si muoveva su un terreno comunque sicuro e questa sicurezza, questa garanzia gliel’ha data Leonardo Di/Caprio che, tutto quanto rappresentato sopra, può permetterselo: è talmente bravo da diventare una sorta di modello con immunità. E’ in scena in quasi tutte le tre ore di durata del film. Attraversa tutti i registri della recitazione e tutti quelli dell’istrionismo e del carisma. Esplode e implode. Ride, piange, cade, si rialza. Se devo scovare, nella memoria recente del cinema, una performance di quella potenza mi viene in mente il Daniel Day-Lewis di “Lincoln”, dove infatti l’attore ha vinto l’Oscar. L’Academy Award ha sempre ignorato DiCaprio. E’ inutile cercare di spiegarne le ragioni, ci si inoltrerebbe in una foresta inestricabile. Rimane il dato oggettivo che DiCaprio è uno dei più dotati talenti del cinema di sempre e che non ha mai sbagliato un ruolo.

I suoi antagonisti per il premio sono: Christian Bale (American Husle); Bruce Dern (Nebrasca); Chiwetel Ejiofor (Dodici anni schiavo); Mattew McConaughey (Dallas Buyers Club). Tutte performance all’altezza. Ma DiCaprio è un’altra cosa.

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