Venticinque e più anni fa, in un giorno come questo, preparavo il mio zaino per trascorrere almeno un mese (spesso di più) di villeggiatura coi nonni, in montagna. Il luogo in questione era un tranquillo paesino della Valsassina, quieto e immerso nella natura, pur essendo a quota tutto sommato bassa.
Già allora amavo molto leggere. Librogame, libri dell’Editrice Nord (Conan su tutti), vecchi Urania comprati con le mance, alle bancarelle dell’usato. Lo zaino non era tuttavia molto capiente, perciò dovevo fare una selezione certosina delle letture da portarmi in vacanza, considerando anche che lassù avrei potuto comprare soltanto qualche fumetto (Dylan Dog, Tex, Mister No, Lanciostory).
Nel bagaglio finivano quindi tre o quattro librogame e un paio di romanzi. Un anno portai Il Signore degli Anelli, unica lettura insieme a un paio di librogame della collana Alla Corte di Re Artù.
A pensarci ora non posso che chiedermi come potevo resistere così tanto tempo con così poco da leggere. Eppure ce la facevo, alla grandissima. Contate anche che non c’erano né Internet, né gli smartphone, cose che oggi mi occupano un sacco di tempo.
Già, oggi… come son cambiate le cose, in un quarto di secolo…
Se guardo i miei acquisti di ebook trovo almeno una cinquantina di titoli in arretrato, da leggere.
Quindi è un problema degli acquisti impulsivi in digitale, direte voi. Mah, forse in parte. In realtà ho anche il portariviste che trabocca di fumetti comprati mesi fa, e non ancora aperti, così come di magazine a cui ho dato soltanto una rapida sfogliata.
Ah, parliamo dello scaffale dei DVD e DiVX. Ho almeno 30 film – alcuni presi più di tre anni fa – che non ho nemmeno tolto dal cellophane.
Quindi no, non è colpa solo del digitale.
Le spiegazioni sono tante.
La più semplice: io faccio shopping terapeutico. Soprattutto quando si tratta di cose poco costose e molto intriganti. Tipo gli ebook, esatto. Un ebook al giorno mi toglie di dosso un poco di malinconia.
La seconda spiegazione: siamo sottoposti a un bombardamento continuo di tentazioni. Noi che abbiamo molti interessi e molti gusti rischiamo davvero di comprare tutto ciò che ci incuriosisce. Roba quasi da invidiare chi si occupa soltanto di calcio o di figa.
Terza spiegazione: compriamo roba per colmare un vuoto che in realtà non è materiale. Lo dicevano anche in Fight Club:
La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo la Grande Guerra né la Grande Depressione. La nostra Grande Guerra è quella spirituale, la nostra Grande Depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando.
Ovviamente non tutto ciò che riporta questa citazione è condivisibile. Sul “cazzate che non ci servono”, per esempio, avrei molto da ridire. Nel mio caso preferisco vederla così: compro cose che mi interessano, nell’illusione di fermare il tempo, per potermi godere tutto questo ben di Dio.
Ma il tempo non si ferma, anzi, va più veloce.
Impegni, problemi, persone fastidiose in ogni contesto (lavoro, famiglia, attività sociali) ci impediscono di smaltire questo grande accumulo di roba che, giorno dopo giorno, acquistiamo o comunque acquisiamo.
Io so già che molto di quello che ho qui, in arretrato, non riuscirò mai a leggerlo/vederlo. E mi dispiace. Mi dispiace moltissimo.
Dovrei fermarmi e iniziare a recuperare ciò che attende da tempo, sui miei erader e sugli scaffali di casa.
Dovrei impormi di non comprare nulla di nuovo per due o tre anni, ma non credo che lo farò.
Dovrei dedicare più tempo a me stesso e meno a chi vampirizza la mia vita.
A volte – senza fare stupidi discorsi luddisti – rimpiango i tempi in cui due romanzi e quattro fumetti mi duravano per un mese, anche a costo di leggerli e rileggerli.
Ma parliamo di un mondo e di un’età che non esistono più. Forse non è nemmeno il caso di farsi prendere dalla nostalgia. In fondo avere più scelta non è mai un male. Semmai sono i ritmi della vita a essere diventati disumani, con tutto quello che è necessario fare per mettere insieme pranzo, cena e badare un minimo a ciò che ci distingue dalle bestie.
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