Borgo Pliss (1): L'incarico

13 settembre

Il vecchio notaio puzza di canfora.
Massimo cerca di non farci caso mentre sorseggia in caffè. Dalla finestra alla sua destra si vede il lago di Lecco, ma il rumore del traffico che arriva fin lì, al terzo piano dell'anonima palazzina, toglie ogni poesia al tutto.
«Allora giovanotto, cercherà il Borgo per me?»
La voce di Cantamessa è raschiante, aspra. I suoi occhi invece sono speranzosi. Settantaquattro anni portati male, ma con una certa eleganza. Il corpo esile sotto la vestaglia parla di malattia.
Massimo prende tempo. Farsi dare del “giovanotto” a trentasei anni è un'esperienza strana. Sospira. «Non esiste nessun quartiere nascosto a Milano. Mi creda. Conosco bene la città.»
«Gliel'ho detto e ripetuto. Io ci sono stato, nel '79. Per quattro giorni.»
Massimo sa già il resto della storia. Il notaio era stato incaricato di trovare un misterioso cliente per una pratica di successione. Cercandolo si era perso in quartiere di Milano che non esiste sulle carte topografiche. Un rione magico e bizzarro, in cui “il tempo e lo spazio sono concetti astratti”. Ne era uscito per caso, dopo giorni di vagabondare di cui conserva ricordi flebili. Ora, dopo più di trent'anni, vuole ritrovare quel misterioso quartiere che lui chiama “il Borgo”.


«Non si offenda ma fatico a crederle.»
«Anche dopo aver letto quell'articolo?» Il vecchio indica i fogli appoggiati sul suo scrittoio. Fotocopie di un Corriere datato marzo del 1939. L'autore del pezzo parla della scomparsa di un architetto italo-austriaco, Francesco Pliss. Nel testamento il Pliss confessa di aver creato un “quartiere segreto” nel cuore di Milano, dietro la nuova Stazione Centrale. Dichiara anche di portarsi tutte le altre informazioni nella tomba perché “troppo pericolose da condividere”. Evidentemente si tratta dei vaneggiamenti di un personaggio strambo, bizzarro, su cui oramai si trovano pochissime notizie.
«Lei sa che quell'articolo significa pochissimo, vero?»
Cantamessa annuisce. «Ne abbiamo discusso via mail. Se lei è venuto qui è perché in qualche modo crede alle mie parole. Non sono pazzo, questo lo avrà capito.»
«Lei è disposto a pagarmi tremila euro se io trascorrerò sette notti a girovagare nei vicoli dietro a Centrale, nella speranza di perdermi in un quartiere che nessuno conosce.»
«Esatto. Magari le sarà sufficiente una notte soltanto per trovarlo. Anche se non dovesse riuscirci i soldi saranno suoi. E lei ne ha bisogno vero? Da quanto non le pubblicano un libro? Da quanto non lavora?»
Massimo ignora la frecciata, anche se ha colpito nel segno. «E se per assurdo lo dovessi trovare?»
«Lo esplori. Lo documenti. Mi porti le prove. Le spiegazioni.»
«Ha forse lasciato qualcosa d'importante laggiù?»
Gli occhi del notaio si perdono nel vuoto, nei ricordi, ma è solo un attimo. «Può darsi. Se troverà il Borgo capirà.»
È convinto di quel che dice e no, non sembra pazzo. Anche se questo non significa niente. Ciascuno ha le sue chimere. Massimo lo sa. «Io...»
«Accetta o no? È l'ultima volta che glielo chiedo.»
“Vecchio bastardo”, pensa Massimo. Ma ha bisogno di quei soldi. «E va bene. Accetto.»

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