DALLA SEMINA DEL CONSUMO ALLA REMINISCENZA DELLA CONFEZIONE

Recensione d'estetica per l'artista Maddalena Vantaggi, dopo una sua esposizione presso la Fondazione Umanitaria di Milano (dal 29 al 31 Marzo)

 

   Per l’evento milanese Dalla semina al raccolto – 4°Anno, l’artista Maddalena Vantaggi ha portato i due cuscini InPasta, aggiungendo poi l’installazione(ab)Orto. In tal caso, le interessa sensibilizzarci intorno ad una possibile estetica “dell’alimentazione”. I due cuscini InPasta configurano chiaramente un raviolo ed un tortello. L’artista rivendica il buon nome della cucina italiana, che per il turista straniero da noi sarebbe letteralmente di casa, come il più semplice divano. Nell’installazione (ab)Orto, nove buste immaginarie di ortaggi surgelati si trovano piantate in un chiostro. L’artista così segue fedelmente la titolazione estetica per l’evento: Dalla semina al raccolto. In particolare, lei ha “brevettato” graficamente una nuova marca di confezioni surgelate, che per l’appunto si mettono “in vetrina” come (ab)Orto. A prima vista, pare che l’artista voglia impedire il consumo alimentare, una volta riportato nel livello primario del raccolto sui campi.

   Ave Appiano, docente al Dams di Torino, contesta la sensibilizzazione tipicamente contemporanea sul riciclo dei prodotti commerciali. Ciò è “augurabile” solo perché si respingono a priori “il vecchio e l’usato”. La società contemporanea, fondandosi sul consumo, mistifica nel mercato la capacità che ci affezioniamo a certi prodotti, a tal punto che non vorremmo mai perderli. Sia il “vecchio” sia l’usato semplicemente va dimenticato, comprando qualcos’altro. Il mercato ucciderebbe l’anima dei suoi prodotti, inculcando che essi non potrebbero “significare” nulla per noi. C’è il rischio che gli acquisti avvengano meccanicamente, se poi abbiamo sempre il modo di riciclarli, dal loro consumo. Così sottrarremmo ai prodotti l’essenza temporale. Né li potremmo gustare. Un’attività automatica è sempre “fredda” da percepire. Gustiamo sempre e solo attimo per attimo, quando la temporalità si differenzia.

   Nell’installazione (ab)Orto, Maddalena Vantaggi conferisce alle nove buste degli “ortaggi” una dialettica percettiva. In passato, lei aveva raccolto i cosiddetti oggetti “rifiutati con affetto”. E’ esperienza comune che a volte ci spiaccia consumare qualcosa. In chiave fenomenologica, una busta andrà quasi a prendersi “cura” del prodotto che contiene. Noi potremmo avere il piacere di consumare questi “fantomatici” ortaggi, nel giro di qualche giorno. Allora, sarà fondamentale che la “breccia” in alto sulla busta (causante il travaso) si faccia richiudere, magari con la comodissima molletta. La confezione virtualmente si “prenderebbe cura” del nostro piacere gustativo. Collocate in piedi sulla terra “arata”, le nove buste si percepiranno come “lapidi” per il consumismo alimentare. Esteticamente, l’installazione (ab)Orto avrà una fenomenologia dialettica. Se andiamo al cimitero, l’edificazione della lapide raccoglie in se stessa tutto il riconoscimento affettivo verso il defunto, da parte dei suoi familiari ed amici. Allora, l’installazione di Maddalena Vantaggi si porrebbe contro la “freddezza” meccanica del riciclaggio industriale. Veramente, ci spiacerebbe che le buste andassero “scordate”, dopo averne consumato gli ortaggi, con vivo piacere. L’artista restituirebbe alla confezione il primato del riciclo, rispetto al suo stesso alimento. Teoricamente, lei avrebbe anche potuto installare tutti gli ortaggi… La preferenza per il riciclo delle buste sembrerebbe più concettuale. Quelle rientrano con facilità nella fenomenologia del consumismo industriale. Quindi, la positività dell’affezione… “cimiteriale” può contraddirsi. La titolazione è interessante: un aborto rappresenta qualcosa “che nasca male”, o persino “già morta”. Nel caso degli alimenti, il confezionamento virtualmente ne “uccide” l’origine naturale, anche solo a livello percettivo. Ciò è particolarmente chiaro per il sottovuoto, dove la plastica sembra “stritolare” il nostro desiderio di mangiare, per cui noi ci sbrigheremo ad aprire la classica “breccia”… Alla fine, tutto funzionerà alla perfezione per consentire “l’uccisione” col piacere gustativo. In latino, la preposizione < ab > significa < da >. L’artista espone un (ab)Orto anche perché l’agricoltura è destinata a farsi… sop-piantare dal confezionamento dei suoi prodotti, nell’industria.

   Per Ave Appiano, pure il rottame rientra nel ciclo “freddamente invariabile” del consumismo. Per esempio, uno sfasciacarrozze toglie tutti i possibili “segni di riconoscimento”: la lucentezza della vernice, la targa, i motivi nella tappezzeria ecc… Alla fine, è sufficiente che la lamiera si faccia compattare in forma di cubo. La rottamazione si percepirebbe come una sorta di “sadico” neo-confezionamento. L’industria contemporanea favorisce astutamente la raccolta differenziata, perché essa avvia comunque il mercato. Ci sono i prodotti normali, e pure (in aggiunta) quelli riciclati! L’autovettura che diventa un mero cubo di lamiera pare solo “confezionata”: le sue caratteristiche particolari, una volta celate, ai fini della vendita non conteranno più. L’industrializzazione del riciclaggio sfrutta la stessa affezione per i prodotti ormai consumati, mettendola definitivamente in crisi. Nessuno vieta che perduriamo a guidare la nostra prima macchina (di vent’anni fa). Però, consci che il suo motore è inevitabilmente più inquinante, alla fine ci sentiremo “in colpa” verso le problematiche ambientali. L’industria del riciclaggio si candiderà a risolvere il “circolo vizioso” della nostra affezione sul consumo. Per Ave Appiano, meglio sarebbe che rinunciassimo a sperperare le risorse primarie. E la loro trasformazione, in seguito, deve impedire qualunque inquinamento ambientale. Pare relativamente facile suddividere le scorie; ma in pochi (per “pigrizia” o peggio per “calcolo”!) hanno la magnanimità di non farle proprio.

   L’installazione (ab)Orto esibisce delle buste, in cui gli ortaggi surgelati si troveranno “stritolati”, come accade col sottovuoto. Percepiamo bene tutta la loro compattezza estetica. Lo stesso probabilmente accade nei due cuscini InPasta. E’ risaputo che la configurazione del raviolo o del tortello serve a raccogliere il ragù, il prosciutto, le verdure ecc… L’alimento principale della pasta così si dà per sacche, che compattino quello di contorno. Il cuscino serve al riposo della testa, mentre dormiamo. Anch’esso (come la busta in frigorifero) si prenderà “cura di noi”. Nel sogno, i pensieri tendono a compattarsi fra di loro. Faticheremo a distinguerne chiaramente le immagini. Forse, Maddalena Vantaggi ha caricato il “tortello” ed il “raviolo” a cuscino d’un… “sottovuoto onirico”? I pensieri psicanalitici di certo si nascondono. Quelli stanno “sotto” la più “aperta” coscienza, che allora “si svuoterebbe” del suo “distendersi” verso gli oggetti reali, chiamati a delimitarla. Il tortello ed il raviolo a cuscino potrebbero compattare il… “desiderio” del consumo. In psicanalisi, l’attività del mangiare è spesso associabile a quella del possesso. Così, il soggetto cercherebbe di compattarsi sulla propria alterità.

   Per Ave Appiano, l’oggetto consumato va percepito nel “silenzio” di se stesso. La società contemporanea, invece, tende a renderlo di moda. In chiave estetica, conosciamo il trash, quando il consumato piace perché ci illudiamo di poterlo “ricostituire, nonostante tutto”, conferendogli una vena spettacolare. Nel mondo dell’arte, si diffonde la pratica del collezionismo. In questo, è insita la fenomenologia del “riciclaggio”, massimamente nel caso della rivendita continua. Il trash si combatte meglio allorché l’oggetto consumato valga “nella sua impossibilità di ricostituirsi”. Dal principio termodinamico dell’entropia, sappiamo che tutte le trasformazioni della materia si percepiscono nell’aumento d’un disordine. La stessa vita dell’uomo è destinata a consumarsi nella morte. L’arte contemporanea può rivalutare il più banale prodotto commerciale, e tuttavia senza idealizzarne il riciclo, contro le logiche dell’industrializzazione. L’oggetto consumato va preso per quello che è, di suo. La stessa vitalità dell’uomo sembrerebbe “impura” (imperfetta) e “decadente” (relativa). Né possiamo “riciclare” la morte, quantomeno nel mondo immanente.

   Esibendo l’installazione d’arte (ab)Orto, Maddalena Vantaggi ha conferito una… “degna sepoltura” al confezionamento industriale. Esteticamente, non lo percepiamo tanto riciclato. La confezione industriale si dà di “ritorno” alle sue origini naturali, a quella completamente sconosciute (come se l’artificio della plastica vivesse l’esperienza d’una reminiscenza). L’artista ha preso il “rottame” del cibo consumato per ciò che è, e che non può più essere. Al cimitero nessuno ricicla il defunto, quantomeno nel mondo solo immanente.

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