Intifada| niente arpeggi, solo battiti //// inaugura lo spazio Labrouge

Matteo Zinesi | Francesco D’Amelio | Olivia Gelisio | Musiche:  Carlo Marangoni

Questa sera Thomas Berra apre le porte del suo studio a un gruppo di artisti che inaugurano lo spazio che diventerà, un lunedì al mese (o, nel caso di questo Novembre, per due lunedì), spazio espositivo e di incontro per artisti che non hanno luoghi dove poter esprimersi, e per “amanti” dell’arte e della cultura.

Il nome dello spazio: Labrouge.

Questa sera Labrouge inaugura con Intifada | Niente arpeggi, solo battiti. Una performance teatrale ideata e messa in scena da Francesco D’Amelio, Olivia Gelisio e Matteo Zinesi, con accompagnamento musicale di Carlo Marangoni.

Seduti placidamente a un tavolo, in pause tra prove, ricerca di materiale, imbiancatura dello spazio, allestimento di scenografia, luci e suoni, mi metto a parlare coi ragazzi, sereni sul loro progetto, felici del fatto che Thomas abbia lanciato questa idea e messa a disposizione forze e spazio e mi rendo conto che ho davanti tre artisti puri. Per puro, in questo caso, intendo tre persone, Francesco, Olivia e Matteo, che realizzano la loro performance principalmente per loro stessi, per aggregazione, scambio, affiatamento e, perché no, affetto, e per l’idea di “fare arte”, in questo caso “fare teatro”. Zinesi è un artista che nasce dal disegno e dalla pittura. La sua specialità sono delle magiche installazioni in cui l’artista bergamasco ricrea i suoi mondi, le sue realtà, all’interno di piccole stanze, o nicchie, tra feticci, oggetti trovati durante i suoi viaggi – rigorosamente con il suo camper, Charly, e Sancho, il suo inseparabile cane – fotografie, da lui scattate o trovate, e disegni in bianco e nero, tormentati, umani, belli. Francesco, anche lui con basi nel disegno – ha sempre disegnato, fin da piccolo – e Olivia invece appartengono all’ambito teatrale. Studiano al Centro studi attori | teatro 5, coi maestri Irina Galli e Alessandro Del Bianco, che li hanno incentivati e strutturati dal punto di vista drammaturgico.

Francesco infatti, dopo aver vissuto e frequentato l’Accademia di Brera, ha scelto di non allinearsi, anzi, di non sottostare a delle regole di quel sistema dell’arte tanto difficile da affrontare, ma di scegliere una strada sicuramente più ardua, ma libera: l’espressione per l’espressione; l’arte per l’arte. I 3 ragazzi mi dicono” non so cosa andiamo a fare, ma lo facciamo”. E lo fanno attraverso parole, suoni, ripetizioni di gesti, e soprattutto con un mezzo principale: il corpo. Il corpo e la parola per compiere un rito. Un rito tra 3 persone, poi tra 4, con l’appoggio di Claudio e delle su musiche, e poi ancora più diffuso, perché in condivisione con il pubblico, che assisterà dall’esterno, osservando i quattro artisti all’opera, ognuno con la sua modalità espressiva, dai movimenti corporei di Zinesi, ai suoi versi, fino alla calma apparentemente placida di Francesco e Olivia, che affrontano lo spazio bianco senza paura di un giudizio, perché sicuri dell’apporto di un valore emotivo forte, magari che non sarà condiviso, ma che è forte perché puro e vissuto.

Dunque un esperimento in una stanza per poi svilupparlo via via in grande, con quello che loro definiscono un “progetto carovana”, un progetto a tutto tondo che coinvolga più persone che, come loro decidano di affidarsi l’uno nelle mani dell’altro, con suggerimenti, amore reciproco, rapporto umano. Con Intifada vogliono lanciare una sassata: una novità reale e tangibile, un “simbolo”, come lo definisce Olivia, di qualcosa che in realtà è necessario, che non diventa prodotto da vendere, ma mezzo espressivo senza altri fini.

Intifada è un’azione per farci riflettere e per farci realizzare sogni, necessità e desideri. “Chissenefrega chi ha fatto cosa, basta con il senso di colpa da espiare, il fare, bisogna rimboccarsi le maniche e fare”, come dice Francesco. E noi facciamo.

Informazioni su 'Rossella Farinotti'