200 - 2015: Decennale della scomparsa di Simone Lecca.
Il 20 Febbraio 2005 ci lasciava l’artista Simone Lecca, un metartista che ha attraversato significativamente momenti storici, generi e linguaggi dell’arte del secolo scorso, fino a configurare quello che sarebbe avvenuto in questo secolo 2.0 attraverso i social media e l’ipertrofica estetica del sé.
Un decennio è misconosciuto e poco studiato nella sua produzione e nella sua tensione, quello tra la fine degli anni ottanta e la fine degli anni novanta, decennio che l’artista ha vissuto tra Napoli e Roma.
In quel decennio io ho conosciuto il Maestro, l’ho conosciuto con un cappotto grigio e una birra peroni al Centro Sociale Officina 99, l’occasione era il concerto dei 99 Posse, mi raccontava di non essere convito della sinistra Dalemiana e di non avere ancora chiaro in quale direzione stesse andando Veltroni.
L’ho poi rincontrato qualche anno dopo, alla fine del secolo scorso al Laboratorio Okkupato s.k.a in occasione del “Contromaggio dei movimenti,” era arrivato proprio per quella riunione ed era pronto per ripartire la mattina dopo; all’epoca io lavoravo con una posse d’artisti il “Mario Pesce a Fore” e Simone Lecca era molto interessato a quel tipo di lavoro.
In quel periodo era piombato in una forte e violenta crisi depressiva che lo sconfortava, l’dea che la sua poetica cinematografica e pittorica per essere filtrata dai DS prima e dall’Ulivo poi, dovesse non manifestare chiaramente i propri intenti ideologici e passare per forme troppo raffinate e poetiche per essere comprese dal popolo con il quale si sentiva in simbiosi dinamica permanente, lo sconfortava e di questo ragionavamo spesso.
Amicale ma conflittuale era anche il suo rapporto con Walter Veltroni, ricordo quando in occasione del Contromaggio dei movimenti napoletani, seduti al tavolino del bar della “Lazzarella” di Piazza del Gesù mi disse: La vera destra è nella sinistra di partito, sto ragionando su come elaborare un linguaggio artistico che sia reale e proprio dei movimenti.
Ci siamo poi persi di vista, io sono partito per Iglesias nel Sulcis isolano e lui cominciava a perdere quell’energia e quella forza che gli consentiva di spostarsi da Roma a Napoli almeno una volta a settimana, “per cercare la sinistra dal basso” mi diceva, profondamente deluso dal fasciopopulismo della piazza Romana, dal quale Veltroni non bastava a farlo evadere.
Ricordo parlavamo delle infltrazioni di forza nuova nelle curve di Roma e Lazio, era affascinato dalla grande dignità dei vicoli napoletani e adorava l’indole partenopea di discutere con tutti e chiunque.
Una pietra miliare di tutte le culture artistiche di avanguardia di questo secolo, un riferimento imprenscindibile per la generazione app (la mistificazione del sé l’aveva portato a realizzare moltitudine di Simone Lecca che non comunicavano tra di loro, a segnare il forte limite dell’ego e dell’io, era il suo stesso “fake” e il suo alter ego in conflitto permanente con se stesso).
Sono stato tra i pochi a notarne la sagoma nella Napoli del centro storico, m’incuriosiva questo Casteddaio sempre sbronzo che si muoveva criticamente nei Centri Sociali Napoletani che all’epoca animavo e vivevo.
Contatto Piero Tomaselli, uno degli esperti appassionati dell’opera dell’autore, per informare dei miei racconti e tratteggiare un periodo ancora non studiato di Simone Lecca, quel suo ultimo decennio che mi azzardo a storicizzare come “Barocco decadente e bipolare napoletano” il quale mi risponde:
La tua battaglia, caro Mimmo, è anche la mia. Un’unica precisazione relativamente al tuo ottimo intervento. Sulle iniziative della Fondazione Lecca sospendo invece il giudizio. Per quel poco che ne so il responsabile attuale è un certo Angelo Zedda.
Da semplice bricoleur dell’Opera di Lecca mi pare però che l’operazione che stai cercando di portare avanti – e cioè dimostrare che lo stereotipo del Lecca emblema dello spirito sardo sia, appunto, un luogo comune insopportabilmente ideologico e strumentale e che l’essenza della Sua Opera vada ricercata altrove, e segnatamente a Napoli nel decennio 1987-1998 – sia assolutamente sacrosanta e necessaria....”, m’ informa inoltre che dello stesso periodo storico (il decennio ottanta-novanta) si sta occupando Vittorio Sgarbi invitandomi a contattarlo, lo farò a breve, mi affascina ed intriga il fatto che il periodo più tormentato e meno studiato di un artista che ho amato e conosciuto passi per Napoli.
Andre Diprè per la Fondazione Simone Lecca ci parla dell’artista scomparso: https://www.youtube.com/watch?v=nu5BO36ccOk