Una Parigi disperata e distrutta, le strade brulicanti di gente affamata e arrabbiata, il buio e le tenebre, corpi emaciati, doloranti, colori cupi, la Senna come luogo della paura …. Questi sono elementi importanti e ricorrenti dei Miserabili, il film tratto dal musical sul romanzo di Victor Hugo. Un’opera senza dubbio complessa per i mezzi, gli ottimi attori, da Russel Crowe a Hugh Jackman, da Anne Hathaway a Helena Bonham Carter, e la parte cantata, difficile da accettare all’inizio, perché siamo ormai poco abituati a un intero film cantato, e dunque nelle prime sequenze sorridiamo a vedere sex symbol come Crowe e Jackman che invece di parlarsi ..cantano, ma nei Miserabili è tutto spettacolarizzato. E poi c’è la pittura. Pittura fortemente espressionista nei tratti dei volti rovinati dalla fame, dalle sequenze dove la Hataway è protagonista: magra, un po’ invecchiata, di un pallore da dipinto ottocentesco, dai capelli grezzamente tagliati, come in un’opera di Egon Schiele, o di Oskar Kokoschka, o ancora, perché no, un’espressione tratta dall’Urlo di Edward Munch, quei pittori dell’Espressionismo tedesco dei primi del Novecento, dove la figura umana era rappresentata nei suoi disperati difetti. Le donne magre e nude, dai corpi grigi, con segni scuri, per sottolineare la fame e la malattia, proprio come nel personaggio di Fantine, che nei Miserabili muore di tubercolosi, con un unico pensiero: salvare la figlia Cosette. Jean Varjean rispetterà la richiesta della madre in fin di vita, e, ancora una volta scappando, trova la piccola Cosette e la prende sotto la sua protezione, come una figlia, e come tale la crescerà. Ecco che si sviluppano delle sequenze interessanti: Varjean (Hugh Jackman) trova Cosette bambina in un bosco, ecco ancora l’oscurità, velata da una luce magica, quasi argentata, che risalta le fattezze delle piccola bambina, vestita di stracci bianchi, scalza nella neve, ma dai biondi capelli e glaciali occhi azzurri, come in una favola dipinta da un Mark Ryden, l’esponente capo della Low brow art americana, che ha iniziato disegnando proprio giovane fanciulle dall’apparenza da fiaba, vestitini colorati, ma in situazioni e sfondi sempre inquietanti e surreali. Come inquietanti e surreali, nelle loro fattezze colorate da casino, sono Monsieur e Madame Thénardier (interpretati dai bravi Sasha Baron Cohen e Helena Bohnam Carter), i genitori adottivi di Cosette, una folkloristica coppia di sbandati e ladri parigini tenutari di un locale/bordello in città: un ambiente bohemien da manifesti di Toulouse Lautrec, con vestiti colorati, guance rosse per coprire il pallore della malattie, prostitute rozze, ricoperte da strati di abiti e con calze a rete.
Da un ambientazione pallida, grigia, a un interno colorato e caotico, entrambi raccontati con lo stesso scopo: un’umanità allo sbando, in cerca di un ordine e di una salvezza. Espressionismo nordico, dai toni cupi ed emaciati, poi corrente Low brow, dai toni falsamente fiabeschi, poi l’impressionismo di Lautrec, e anche un po’ Edgar Degas, e ancora un altro cambio di tono: quello delle scene rivoluzionarie. I giovani parigini vestiti in divise, giubbe e bandiere rosso sangue, contro quelle degli ufficiali, blu scuro, come in un dipinto di Francisco Goya, o di Giovanni Fattori: fucili, barricate, città devastate, la Senna dalle acque tormentate.
Un racconto estetico che supera quello narrativo da melodramma cantato un po’ pesante e concentrato su una storia d’amore, quando Hugo aveva narrato di passioni, rivoluzioni, e l’eterna fuga verso il riscatto.