Se la carne diventa marmo. Robert Mapplethorpe in mostra a Milano.

 

La Fondazione “FORMA per la Fotografia” di Milano, ospita sino al 9 aprile, una eccezionale mostra monografica sull’opera Robert Mapplethorpe.

Si tratta della prima ed unica retrospettiva milanese dedicata alla produzione del fotografo americano, realizzata in collaborazione con la Robert Mapplethorpe Foundation.

In mostra, centosettantotto fotografie raccontano il mondo di Mapplethorpe, sospeso tra ideale classico di bellezza e scenari sado-maso. Un equilibrio abilmente reso dalla ricercata scelta di pose e giochi chiaroscurali. Composizioni curatissime ed essenziali, in cui contemporaneità e classicità sembrano fondersi con estrema naturalezza. Come se i concetti classicisti di equilibrio, armonia, bellezza e perfezione vivessero in ogni forma vivente e non, come potenziale latente che l’artista è in grado di cogliere e disvelare.

Ma è soprattutto attraverso la nudità, che questo potenziale può manifestarsi.

Mediante lo sguardo purista e dissacrante di  Robert Mapplethorpe, il corpo umano – e in particolar modo quello maschile –  diventa scultura.

Al fruitore è concesso di conoscere e scoprire, in un percorso suddiviso in sette sezioni tematiche,  la completa produzione del fotografo americano, che va dalle prime polaroid ai celebri nudi maschili erotico-michelangioleschi, passando per le sensuali e minimaliste composizioni floreali della serie “still life”, e giungendo agli scatti in cui appare la sola donna  che lo abbia realmente sedotto: la cantante  Patty Smith.

Con lei ebbe una lunga convivenza, prima ancora di incontrare la propria omosessualità. Ma un indissolubile legame, artistico e umano, continuò a tenerli  uniti negli anni a seguire, tanto che per lei Robert realizzò la copertina di un album.

 

Nato a Long Island nel 1946, in una famiglia borghese cattolica,  Mapplethorpe è stato uno dei maggiori fotografi contemporanei.

Ha vissuto la propria ascesa artistica,  nella New York degli anni Settanta e Ottanta, morendovi di HIV, nel 1989.

 Il suo interesse per la fotografia si è sviluppato  inizialmente in qualità di collezionista, poi in qualità di autore, quando, nel 1970,  ha deciso di acquistare la sua prima Polaroid.

Il primo modello che scelse di immortalare  fu …egli stesso.

La sua produzione legata alla figura umana iniziò, infatti, con una serie di autoritratti.

Robert, da abile trasformista, riuscì a vestire i panni di tutte le creature in cui sentiva che la sua personalità si andava sfaccettando.

Poi  i suoi soggetti prediletti divennero gli uomini. Nudi maschili in torsioni michelangiolesche andavano a stagliarsi su sfondi monocromatici.

La sua prima mostra personale newyorkese si intitolò  “Polaroids”, e fu inaugurata presso la Light Gallery . Da questo momento ebbe inizio la svettante ascesa: Robert prese a fotografare  indifferentemente musicisti,  star del cinema porno, artisti, conoscenti, amanti.

I netti contrasti chiaroscurali erano la cifra della sua produzione fotografica. Le anatomie, voluminose o aggraziate, in ogni caso ben disegnate, emergevano armoniose da fondali scuri.

Si trattava di corpi impeccabili e insgretolabili. Corpi che apparivano perfetti.

Figli di un silenzio metafisico e atemporale.

Il tempo, sembra infatti cristallizzarsi nei suoi scatti.

Ma ciò non accade mediante una  luce diffusa di memoria Pierfrancescana, e neppure attraverso l’uso di una molteplicità di punti di fuga, come nella metafisica Dechirichiana.  

No. La cristallizzazione del tempo, negli scatti di Mapplethorpe,  è data tutta della marmorea immobilità dei corpi, e dalla raggelante fissità  degli sguardi.

 

Tema ricorrente della sua produzione è certamente l’omosessualità.

Il corpo maschile, muscoloso e perfetto, appare quasi liscio come marmo, e traslucido come bronzo. Di una meraviglia sospesa tra plasticità michelangiolesca e levigatezza canoviana.

I nudi maschili, erotici e provocatori, trovano nei suoi scatti una trasposizione decisamente classicheggiante.

E’ la stessa sensualità, intesa quasi come sostanza che la pelle stessa è capace di trasudare, a divenire sacra.

E questa sublimazione è resa possibile esclusivamente grazie alla sua ricerca di perfezione.

Una perfezione senza tempo. Dove anche ciò che in altri contesti potrebbe apparire volgare, acquisisce eleganza.

Ma che si tratti della Smith, della Lyon (campionessa del mondo di bodybuilding) o dei tanti modelli fotografati, quel che conta è che il fascino erotico e la sensualità ne risultino sacralizzate.

Il concetto classicista di bellezza, perseguibile attraverso un equilibrio compositivo e una perfetta rispondenza delle parti, è infatti alla base della ricerca stilistica di Mappletohorpe. Tanto che anche l’immagine più trasgressiva riesce a perdere qualsiasi presunta sembianza di volgarità.

 

E questo è quel che accade quando il bianco e nero trasforma in marmo, la carne… sacralizzandone l’erotismo.

 

 

ROBERT MAPPLETHORPE - Retrospettiva.

Fondazione FORMA per la Fotografia

Sede: Piazza Tito Lucrezio Caro 1, Milano. Periodo: Fino al 9 aprile 2012.

Apertura: Tutti i giorni dalle 10 alle 20. Giovedì e Venerdì fino alle 22. Chiuso il Lunedì.


Per info: www.formafoto.it

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