Tony Oursler. Open Obscura | Stefania Nano

Tony Oursler. Open Obscura

 

TONY OURSLER. OPEN OBSCURA
Di Stefania Nano


Viene definito il padre della video-scultura Tony Oursler e la mostra al PAC di Milano ripercorre dieci anni di sue proiezioni.

Entrando dalla trafficata via Palestro (dove ha sede il PAC) nel mondo artistico di Oursler, si ha l'impressione di passare dalla caotica vita esterna al caos che ognuno ha sepolto dentro di sé, in maniera più o meno profonda. L'effetto è straniante e ipnotico: immagini, che si muovono troppo lente o troppo veloci per essere reali, sono accompagnate da voci reiterate, soffuse, sussurrate, inquietanti. Proiettori e casse acustiche fanno parte in qualche modo delle installazioni stesse: sono lì, alla pari degli antichi strumenti dell'artista come tempera e pennelli, a testimoniare che quello che si sta osservando non è completamente reale, è una riproduzione, è Arte. La tecnica della proiezione non promette realtà, ma consente quel realismo necessario all'identificazione, sta poi alla creatività dell'artista trasformare la freddezza della macchina tecnologica in medium produttore di senso e significato.

Il percorso della mostra, curato da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni, inizia con quattro installazioni che mostrano e parlano (letteralmente) il linguaggio delle nostre illusioni: il volto di Abramo Lincoln che seduttivamente ammicca dai cinque dollari; mani che sfregano sulle versioni americane dei “gratta e vinci” alla spasmodica ricerca di una casualità fortuita;  luccicanti resti dei “sweet sixteen” nascosti dentro relitti erosi dal tempo che scorre; sigarette che si consumano incessantemente rivelandosi oggetti di una ritualità compulsiva.

Si volta l'angolo e si entra a far parte di Eyes, una galassia di occhi proiettati su superfici sferiche appese, di varie dimensioni, che si dispongono nello spazio. L'assenza di sensazioni persecutorie si spiega con il fatto che nessuno sguardo è per il fruitore poichè nell'iride di ognuno è lo schermo di un televisore a renderlo assente e immerso in quel torpore ipnotico indotto dal mezzo massmediatico, più volte denunciato nelle opere dell'artista. Sono “occhi rovesciati”, per parafrasare il titolo di un'opera di Penone, in cui ciò che si apprende dalla visione lascia il segno nello sguardo.

Altra stanza, altro tema caro ad Oursler: la malattia mentale, rivisitata in chiave pop. Occhi e bocche che si adattano alle superfici creando deformazioni che impressionano e turbano (o meglio perturbano), si muovono raccontando l'incomprensibile universo della follia. Sono SSS, Ello, Rosepop, Crunch, Phenyl. Mediante l'attrazione empatica che spinge quasi all'imitazione (ci si trova a muovere la bocca cercando si seguire le parole pronunciate e a strizzare gli occhi a tempo con il socchiudersi delle palpebre dei quattro “blob”), ci si avvicina a ciò che è diverso, alieno e per certi versi ripugnante, ma pur sempre esistente in mezzo e dentro di noi. Uno degli aspetti più interessanti di questo artista  è  infatti l'effetto paradossale che sollecita durante l'ascolto/visione e ne è un esempio Talking light: sussurri e urla intrisi di follia, lallazioni di voci adulte distorte e stonate accompagnate dalla luce intermittente di una lampadina appesa in mezzo ad una stanza vuota, richiamano discorsi deliranti vissuti in solitudine. Eppure, nonostante il fastidio, anche solo percettivo, ci si ferma a guardare e ad ascoltare.

 

Dopo “nuvole” che hanno le forme, i colori e le deformazioni dei sogni o dei dipinti surrealisti (Purple Dust e Cosmic Cloud) si giunge all'installazione più imponente che dialoga con i giardini che fiancheggiano il PAC: Extrude Lock (2, 4, 6). Qui Oursler propone un'opera “narrativa”:  ci si muove tra immagini concatenate l'una all'altra, in sequenze ripetitive di semplici gesti, di sensazioni, forse di ricordi, perdendosi nel rivedere le stesse scene e nel riascoltare gli stessi suoni, costruendo e  ricostruendo trame.

Al secondo piano dove si trova The Valley, realizzato per l'Adobe Virtual Museum, si fa strada il concetto di “perturbante” qui in diretto riferimento alle teorie dell'Uncunny Valley di Mori, ma che come significato estetico, letterario e psicoanalitico si potrebbe estendere all'effetto di inquietudine istintiva che si prova di fronte all'intera opera di Oursler perchè la surrealtà che si scorge dietro ai suoi profili umanoidi crea un varco nel sentire cosciente per connettersi direttamente al nostro mondo sommerso.

Infine, con lo stesso sguardo che richiedono i dipinti di Bosch, si osservano le microinstallazioni della serie Peack. Stessa tecnica, maggiore profondità. Molte opere d’arte esprimono il mondo inconscio, ma quello che più stupisce è che queste miniature lo raffigurano, come solo i sogni prima del risveglio e dell'inevitabile reinterpretazione cosciente riescono a fare. Oggetti associati l'uno all'altro, pluralità di materiali, forme, costruzioni quasi infantili nell'assemblaggio, rivelano tutta la creatività insita nell'apparente casualità e raccontano storie che non possono essere dette, ma solo allucinate o rappresentate artisticamente.

 

INFO MOSTRA:

19 marzo - 12 giugno 2011
Tony Oursler. Open Obscura
PAC – Padiglione d'Arte Contemporanea
Via Palestro, 14  Milano
www.mostraoursler.it
Tel 02 884 46359/46360

 

 

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