Dario Carratta
Il mio cane si chiama Newton
oilo su tela 160 x 150 cm
2014
Piccoli tormenti, delusioni, gioie e rivoluzioni quotidiane. Nelle opere di Dario Carratta (Gallipoli, 1988) si nasconde un microcosmo di inquietudini giovanili, trasportate dall'artista sulla tela attraverso la rappresentazione di personaggi grotteschi e dalle sembianze inumane.
Ognuno di questi protagonisti, immerso in ambientazioni sempre cupe e al limite del reale, diventa il riflesso di una condizione di smarrimento e perdizione: è la sensazione di rabbia&dolcezza vissuta da ogni adolescente, alle prese con un mondo esteriore a volte asfissiante e rivale; “Nei miei lavori” dice l'artista “indago gli aspetti più profondi e torbidi della mia generazione”.
Spesso molto materico, Carratta si esprime attraverso l'uso di colori ad olio violenti e vivi, dosati sulla tela a volte attraverso interventi secchi e sporchi che valorizzano il segno, tali altre attraverso pennellate morbide, luminose, che creano leggerezza e rendono raffinata la scena. Le linee sinuose e continue di alcuni dipinti, inoltre, donano carica psicologica all'ambientazione, traducendo i tormenti interiori in effetti cromatici vividi, violenti, e per questo estremamente attraenti.
Il risultato è un insieme di paesaggi selvaggi, panorami deserti e lugubri sui quali affacciarsi senza una precisa collocazione, come in un film di Tim Burton o durante l'ascolto di un disco dei Sonic Youth. Nonostante l'aspetto nostalgico e malinconico, tutto è ad ogni modo filtrato da un gusto sempre molto grafico e illustrativo, cosa che rende ognuno di questi lavori tanto immaginifici quanto potenti, delicati e ruvidi allo stesso tempo.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso