Imboccammo quindi la strada per Milano, mescolandoci a un gruppo di pellegrini che stavano per lo più facendo ritorno in Francia o in Inghilterra e che erano stati in visita alla Città Santa, dove avevano acquistato ogni sorta di benefici, avevano osservato molte meraviglie, sia antiche che moderne, per poi tornare con la completa soddisfazione di aver molto guadagnato dalle sofferenze del viaggio.
Molti di quei pellegrini raccontavano storie di magie, di preti che facevano miracoli, di visioni e rivelazioni, e alcuni di essi avevano da mostrare la solita paccottiglia venduta come ossa di questo o quel santo, la penna di un angelo, un pezzo della Vera Croce e così via; almeno tre persone differenti che mi capitò di incontrare sostenevano di possedere il vero Santo Graal ma si ritenevano ancora troppo carichi di peccati per poter percepire la sua reale bellezza (solitamente si trattava di coppe di peltro trattate in modo da sembrare d’argento) o perché fosse loro concesso di vederne le miracolose proprietà.
Quello che avete appena letto è un estratto del capitolo dodici de Il Mastino della Guerra, di Michael Moorcock. Uno dei miei libri fantasy preferiti in assoluto.
Proprio nel capitolo dodici, l’autore raggiunge un livello tale di bravura tale da indurmi a rileggerlo, di tanto in tanto, sperando di trarne magicamente ispirazione.
In questa parte della storia il protagonista, il capitano mercenario Ulrich Von Beck, attraversa l’Italia di metà ‘600 in cerca del Graal per conto di Lucifero.
La descrizione che Moorcoock dà di questa parte del viaggio è riassumibile in circa quattro pagine, senza debordare in infinite descrizione. L’autore opta invece per passaggi brevi ma evocativi. Non si appella a punti di riferimento geograficamente ineccepibili e dettagliati, preferendo invece dare delle pennellate in cui mischia location reali a episodi e situazioni squisitamente fantasy.
Altro esempio:
A Crema, poi, ci capitò di incontrare un’altra folle creatura, una specie di mostro ermafrodita che sosteneva di essere un angelo, caduto sulla Terra ed impossibilitato a tornare in Cielo perché aveva perso le ali.
Quell’angelo viveva della carità della gente di Crema, che era gentile con lui, anzi, in parte era quasi convinta delle veridicità della sua storia. Quanto a me, avendo incontrato un vero Angelo, anche se Quello Oscuro, sapevo bene che aspetto essi avessero, ma quando l’angelo di Crema mi scongiurò, in qualità di santo viaggiatore e Buon Cavaliere, di confermare che egli era realmente piombato giù dal cielo, dissi a quanti erano disposti ad ascoltare che, in base al mio limitato sapere, quell’essere somigliava davvero ad un angelo ed era possibile che avesse perso le ali.
Va da sé che la Crema di Moorcock potrebbe essere qualunque altro posto, anche uno completamente inventato.
Tuttavia l’autore ha ambientato Il Mastino della Guerra nella nostra Europa, con l’aggiunta di elementi fantastici più o meno evidenti. Quindi il percorso che traccia è reale e riconoscibile su una qualunque mappa, senza però pretendere di diventare schiavo di un’assoluta e maniacale ricostruzione storico-geografica.
In pratica questo è il modello che sto cercando di seguire io nella scrittura di Grifo, lo spin-off fantasy-storico de Il Palio.
Il metodo di Moorcock è assai funzionale e adatto al mio progetto, quindi sto provando ad adottarlo, fatte ovviamente le debite proporzioni e gli adeguati distinguo. A un’ambientazione rinascimentale, a cavallo tra Italia e Africa del Nord, affiancherò situazione e citazioni di fantasia, per creare un’atmosfera non molto lontana da quelle dei poemi dell’Ariosto, senza però i medesimi voli pindarici.
I maniaci della precisione, dell’aderenza assoluta al contesto storico, non apprezzeranno totalmente questa scelta. Parere lecito, per carità. Tuttavia l’esperimento mi pare buono e istruttivo.
Io vado avanti, presto mi saprete dire…
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