Che tregua offre l'alba?

Questa domenica avrei voluto pubblicare un capitolo-bonus di Borgo Pliss, ma sono fuori sede, non ho il plico (vabbé, il file!) sotto mano, quindi rimando al consueto appuntamento del mercoledì, ripromettendomi però di regalarvi il capitolo extrasettimanale in questo mese di ottobre.
Quindi questa domenica potrebbe andar via liscia, senza postaggi, e a qualcuno farebbe anche piacere.
Invece io mi arrogo il diritto di buttare lì qualche riflessioni alla rinfusa, partendo da dove ci siamo lasciati ieri, ossia dal libro di Vergnani L'ora più buia.
So che citare due volte in altrettanti giorni il medesimo romanzo può dare l'idea di intrallazzo, di Cricca. La cultura del cattivo pensiero è così diffusa che oramai sembra vietato appassionarsi a qualcosa senza che ci sia dietro qualcosa (interesse, amicizia, favori).
Chi mi conosce sa che non è così, gli altri continuino a pensarla come preferiscono.

A ogni modo io de L'ora più buia devo sottolineare un paio di cosette che non potevano funzionare in fase recensoria, ma che qui ci stanno bene. Dal libro parto, ma poi (come vedrete) spazierò un po' altrove.


La prima sottolineatura è che questo romanzo va a toccare quella filosofia di vita – estremizzata in fase narrativa, ma piuttosto chiara – che sento mia da sempre e che è bello trovare in una storia “fantastica”, e non in uno dei tipici, insopportabili romanzi mainstream all'italiana.
Filosofia che, sincronicità dei miei stivali!, veniva citata pochi giorni fa dall'amico Germano in un post su Book and Negative. Mi spiace non poterlo linkare ma, come dicevo, vi sto scrivendo da un'iPad di fortuna, collegato via tethering con un vecchio Nokia. Però l'articolo è lì: cercatelo e lo troverete. Si parlava, in breve, del rifiuto della vita in giacca e cravatta, di un certo modo serioso e grigio di vedere il mondo, la vita e tutto il resto.
Il che si sposa piuttosto bene con l'operato degli antieroi de L'ora più buia, valorosi reietti di una società predisposta ad amare e accogliere i mediocri e gli allineati, chi non sa più sognare, chi nasconde la personalità dietro i rassicuranti riti di una presunta civiltà.

Secono punto: l'exploit letterario di Claudio Vergnani insegna che, se si hanno delle idee e una passione, vale la pena crederci e proporle. Non importa come, purché lo si faccia con onestà e con rispetto per chi ci legge. Non importa nemmeno – ma questo è un pensiero mio – preferiggersi grandi obiettivi, rivoluzioni o clamorosi successi. Il punto sta nel lavorare per far contenti se stessi e chi già ci apprezza. Il resto verrà da sé, ma forse non è nemmeno poi così importante.
La soddisfazione aggiuntiva sta semmai nello smontare le teorie di quei cinici culi molli che dai loro blog strepitano contro ogni cosa mossa dall'istinto piuttosto che da una fredda, raziocinante preparazione a tavolino. E se ora qualcuno di questi verrà qui a dire “per forza, voi non studiate!”, si prenderà virtualmente un bel calcio nel culo.

E ora basta, chiudo il week end filosofico e vi lascio la parola, se volete aggiungere qualcosa. Da domani si torna alle solite tematiche: c'è tantissima carne al fuoco.

Posted via LiveJournal app for iPad.

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