Oscuramento e rivelazione, delicatezza e gravità. La pittura di Victor Man va in mostra alla Zacheta - National Gallery di Varsavia, per quella che è la prima esposizione individuale in Polonia del giovane artista rumeno. Premiato recentemente dalla Deutsche Bank come “Artista dell'anno” 2014, Victor Man è considerato senza dubbio uno tra i più interessanti artisti dell'attuale scena est-europea, forte di esposizioni internazionali che hanno contribuito ad accrescere la popolarità della sua pratica.
Nato a Cluj nel 1974, Victor Man presenta dipinti dalla forte carica introspettiva, giocati continuamente sulla soglia di una interpretazione che annuncia e rifiuta ogni possibilità di lettura. Restando quasi sempre debiti al figurativo, i dipinti ad olio di Man attingono dalla fotografia come dalla memoria dell'artista stesso: immagini sbiadite, dalle forti tonalità scure, private di qualsiasi riferimento esplicito per rimanere anonime e rifuggire ad ogni lettura di superficie.
La mostra consta di circa venti lavori, a rappresentare l'ultimo decennio di attività dell'artista: da opere come “Shaman” (2008) o “Grand Practice” (2009), in cui l'artista esplora preoccupazioni personali legate al tema dell'identità e alla figura dell'androgino, a “Ubiquitous You” (2008), in cui alle pitture cupe e malinconiche vengono associati oggetti ed elementi animali, all'interno di una spiazzante contiguità tra finzione e realtà. Del 2012 sono invece dipinti come “Untitled (Sirens)”: in queste opere la rappresentazione si fa più definita, i contorni si circoscrivono lasciando il soggetto solo al centro di composizioni debite ai canoni tradizionali. Sembra naturale trovare in questa fase dell'artista affinità con il “periodo blu” di Picasso, non tanto per le intenzioni cromatiche - in Man certamente più cupe - ma per la valenza psicologica che permette all'artista rumeno di andare oltre alla naturalistica descrizione del soggetto, spingendo i limiti della raffigurazione verso territori patetici sospesi costantemente tra violenza e tenerezza.
Aprendo ogni margine all'interpretazione, i lavori nel complesso si presentano come ibridi in cui immagine e astrazione coabitano. Ogni dipinto è un luogo di transizione in cui l’identificazione di qualsiasi logica porta al fallimento e l’immagine rimane aperta all’impulso di una narrazione sempre ipotetica e mai certa. Ed è proprio questa l'abilità di Victor Man: creare enigmi visivi, piuttosto che fornire soluzioni interpretative.
Caduto ogni elemento narrativo, l'unica possibilità di comprensione utile per decifrare queste tele è data dalla necessità di trovare una mediazione tra pittore e osservatore, chiamati entrambi ad accettare l'indecifrabilità delle cose dietro la loro illusoria permanenza. Stati d'animo, ricordi sfuggenti, frammenti visivi ed impulsi onirici si mescolano in una lettura fluida e allusiva, in cui ogni presenza invoca una assenza, in cui ogni interpretazione è solo lo stimolo alla domanda che inizia e chiude ogni cosa: quanto sai con sicurezza, ad ogni modo?
Intervista a Katarzyna Kolodziej, co-curatrice della mostra Zephir presso la Zacheta – National Gallery di Varsavia.
Rivelato alla critica internazionale nel 2007, quando fu invitato a rappresentare la Romania alla Biennale di Venezia, oggi il nome di Victor Man è cresciuto, fino ad essere considerato uno degli artisti europei più interessanti del contemporaneo. Quali sono secondo te le qualità della sua ricerca?
Tutta la ricerca di Victor Man verte su un processo di creazione molto tradizionale. I suoi lavori nascono strato per strato, smalto su smalto. Ogni composizione rispetta i canoni compositivi classici, mostrando un riguardo e uno studio verso la storia dell'arte che sicuramente l'osservatore ammira. A questa attitudine tradizionalista si aggiunge tuttavia una ambiguità poetica che rende difficile ogni chiave di lettura. L'oscurità e il buio dominano i suoi dipinti, e anche questo intriga: l'impossibilità a vedere in modo definito ciò che si ha davanti. Come Bogdan Ghiu ha scritto nel suo saggio A Contemporary Nigredo. Re-Compositions on the Operating Table pubblicato nel catalogo Szindbád, Man ha la capacità di colorare il buio interiormente, illuminando ogni oscurità dal di dentro.
Altra qualità affascinante è sicuramente il fatto che Man, ispirato tanto dall'antico quanto dal moderno, ha proposto negli anni una propria personale iconografia, un ventaglio di simboli ed elementi che nascono dall'incontro tra forze opposte: nei suoi dipinti si incontrano animale, umano e divino, femminile e maschile, realistico e fantastico, astratto e figurativo. Ogni elemento convive col suo contrario, creando una tensione che mischia continuamente le carte, rendendo ardua ogni possibile interpretazione.
Zephir (questo il titolo della mostra presso la Zacheta) consta di circa venti lavori, che abbracciano quasi un decennio di attività dell'artista. Com'è stata affrontata la selezione delle opere?
La mostra Zephir è stata presentata in primo luogo alla Deutsche Bank Kunsthalle di Berlino nel Marzo 2014, dove era tuttavia incluso solo un numero ristretto delle opere presenti qui. Piuttosto che una retrospettiva completa, abbiamo concentrato l'idea espositiva su una serie di temi specifici presenti nella ricca produzione di Man, come ad esempio l'ambiguità sessuale o il tema dell'identità, analizzato dall'artista con le sue riflessioni sulla figura dell'androgino. I dipinti occupano un lasso di tempo che va dal 2006 al 2014, offrendo una panoramica sull'evoluzione della sua ricerca.
C'è da dire inoltre che Man ha lavorato personalmente alla preparazione del luogo espositivo, suggerendo precise volontà, trattando lo spazio come un'installazione coerente. Dai filtri delle luci, al colore delle pareti, alla locazione dei dipinti: ogni elemento è stato studiato dall'artista in modo accurato, ritenuto necessario per il risultato finale.
La mostra è promossa dalla Deutsche Bank Foundation e curata a quattro mani da te e Friedhelm Hütte. Com'è nata la collaborazione tra la Deutsche Bank e la Zacheta?
Questa collaborazione è iniziata nel 2003 con il concorso Views, che si svolge alla Zacheta ogni due anni e di cui la Deutsche Bank Foundation è partner. L'idea del progetto è quella di promuovere i risultati dei più interessanti giovani artisti della scena polacca. Tra gli artisti proposti nelle sei edizioni di Views ci sono, ad esempio, Paweł Althamer, Monika Sosnowska, Janek Simon, Wojciech Bakowski o Konrad Smolenski, che ha rappresentato la Polonia alla 55° Biennale di Venezia con il progetto Everything Was Forever, Until It Was No More.
Essendo Victor Man stato selezionato "Artist of the Year" dalla Deutsche Bank questo anno, e date le buone relazioni tra lo sponsor e la Zacheta, abbiamo pensato di ospitare una mostra dell'artista, mai prima d'ora in Polonia per una personale.
Victor Man è considerato attualmente uno degli artisti rumeni più interessanti. Trovi delle affinità tra l'arte rumena contemporanea e quella polacca?
Ciò che è comune tra gli artisti contemporanei rumeni e polacchi è l'esperienza della fine del regime comunista, e la transizione economica e sociale che è seguita a questa svolta politica. La giovane generazione di artisti nella quale Man è incluso ha conosciuto il brusco impatto del cambiamento, con le rapide trasformazioni che hanno accompagnato il ritorno della democrazia e soprattutto l'ingresso nell'Unione Europea da parte della Romania e della Polonia.
Gli artisti dei due paesi, similmente, hanno sperimentato dagli anni Novanta l'improvviso afflusso della cultura consumistica occidentale, sottoponendo il loro background culturale all'impatto con nuovi modelli sociali. Credo che gli artisti di entrambi i paesi abbiamo reagito similmente a questa svolta, assimilandola, ma anche preservando il più possibile la specificità culturale della loro tradizione.
Dal mio punto di vista, ciò che è molto comune e visibile nella giovane generazione di artisti polacchi e rumeni è la sensibilità e il senso dell'umorismo che usano in riferimento al passato, continuando a parlare di tematiche importanti, rispettando la storia della propria nazione, pur senza il rigore concettuale ereditato dalle vecchie generazioni.
Vorrei una tua impressione su quello che sta succedendo oggi nell'arte dell'est-europeo.
Quello che sta accadendo oggi nell'arte contemporanea est-europea è un progresso estremamente dinamico e la popolarità di artisti molto giovani a livelli internazionali. Negli ultimi due decenni i giovani artisti provenienti dall'ex area sovietica hanno utilizzato al meglio tutti i possibili vantaggi scaturiti dal cambiamento del sistema politico ed economico. E se anche in passato, naturalmente, molti artisti locali erano presenti nella scena occidentale, oggi tutto avviene più velocemente e senza alcun ostacolo geo-politico. Il contesto artistico è migliorato rapidamente, il mercato sta maturando, e l'interesse e la curiosità da parte del mondo dell'arte a riguardo non smette di crescere.