Fumetti, grafica, graffiti, pupazzi per animazioni in stop-motion, tatuaggi, decorazioni areografe per auto, skate e tavole da surf: le arti minori del Ventesimo Secolo costituiscono la struttura di tutto ciò che è Lowbrow Art (e che non è per forza Surrealismo Pop, nè viceversa). Chuck Sperry guarda all’universo dei poster promozionali del rock, e lo rivoluziona creando uno stile cangiante, che si rifà di volta in volta all’orizzonte poetico della band di riferimento. Nel caso dei Moonalice, vetero-frichettoni da easy-listening con furgone e capello lungo, non può essere altro che la gloriosa stagione dei poster psichedelici, con le loro miscele di contrasti fra pastelli e fluo, le orbite elittiche da LSD e le citazioni tardo-ottocentesche, ispirate ai vestiti vittoriani degli hippie.
!ATTENZIONE!
Ultima copertina a cura di Luiza Samanda Turrini. Da Lunedì 4 Luglio partiranno le copertine del Cover Contest, dalla dodicesima fino alla prima, che ci terranno compagnia per tutta l'estate fino alla mostra di Stat Art, occasione in cui verranno consegnati anche i premi di Apparel Music.
Stay Tuned!
Redazione
Notturno e solitario. Artigli di quindici centimetri. Retrattili. Spesso preda i cuccioli di lupo, e il lupo quando può gli rende il favore. Può mangiare anche cuccioli di orso bianco o di panda gigante. Oppure i propri, per rendere le femmine sessualmente ricettive. La sua zampata è come il colpo di un maglio. Ne sa qualcosa Timothy Treadwell, il naturalista Fitzcarraldo che voleva essere accettato dagli orsi della riserva di Katmai in Alaska come uno di loro, e dopo tredici anni di appostamenti è stato divorato assieme alla sua compagna, mentre la sua telecamera registrava le loro urla. Nel documentario Grizzly Man, Werner Herzog sceglie di non fare sentire quest’ultima agghiacciante traccia sonora. Nella rete invece, il motore di ricerca fornisce pagine con dicitura Timothy Treadwell Death Audio. Il più grande desiderio delle SS naziste era cadere preda della trance Wut, per trasformarsi in berserker, guerrieri orso. Evidentemente non sono stati esauditi. Perché il Wut dovrebbe donare l’invulnerabilità, e quindi l’immunità alla sconfitta. Berlin Mon Amour, Max Papeschi.
Societas Raffaello Sanzio, genesi, 1999
Genesi. Il racconto biblico di Societas Raffaello Sanzio parte con lo strazio di chi portava la luce. Il paradosso di Lucifero, votato completamente all’amore di Dio. Dio gli ordina di amare anche l’uomo, come un torturatore che usi la tecnica del double-bind, dando ordini contradditori a cui non si può obbedire senza infrangerne una parte. La luce è come la struttura di fissione a barre nelle centrali nucleari, e Lucifero deve passarci attraverso. Poi ci sarà la caduta di Adamo ed Eva, quella di Caino, ed infine Madame Curie, con la radioattività che le costerà la vita.
Societas Raffaello Sanzio raggiunge le profondità immisurabili della mente umana, andando alle radici della violenza, dell’amore, della sofferenza. Come un sogno, una visione che arriva da qualcosa che sta oltre. Il codice della scrittura scenica di Societas sta nella vertigine che congiunge le immagini, la sfera del divino, l’arte e il potere di piegare la mente.
Bertozzi & Casoni - Composizione n. 13, 2008 - ceramica policroma - 174 x 323 x 25 cm
Un muro di armadietti per medicinali. Sportelli accostati bianchi e lucidi, con la croce rossa nel centro. Simbolo della protezione, dell’aiuto, ma anche del dolore e della malattia. Dentro, al posto della cura, piccoli residui umani. Sigarette, cose ammuffite, teschi, bottiglie di ammorbidente, dentifrici dell’Antica Erboristeria, bombe a mano, saponi della Felce Azzurra, madonne. Qua e là, pezzi di nidi d’ape.
Il pronto soccorso ad alveare di Bertozzi e Casoni è scultura fittile iperreale. Come se i detriti della sofferenza umana fossero stati vetrificati in seguito ad un’improvvisa fine del tempo.
Cuoghi e Corsello - "Peabrain" - 1994
Negli anni Novanta ero adolescente e, come tutti gli adolescenti, pensavo che il mondo fosse molto interessante e tutto da scoprire. Erano gli anni dei centri sociali, delle giacchette di pelouche lilla, dei piercing, dei rave, dei crazy colors, dei cabò[1] e delle maglie a righe. Durante le trasferte bolognesi alla ricerca di queste cose e di tutte le meraviglie che comportavano, spesso vedevo un simbolo ripetersi sui muri. Non era la solita tag da writer più o meno comprensibile, ma un disegno. Il disegno di un’oca. Un uccellino, che mi faceva venire in mente il mio cult-book infantile Cipì[2]. Si ripeteva qua e là, a volte formando delle vere e proprie piste lungo i muri, come i sassolini luminosi nel bosco di Pollicino. Era tracciata con un tratto da bimbo, semplicissimo, spesso aveva pomelli sulle guance e le zampine lunghe e snodate. Era come una costellazione: un simbolo enigmatico, perché portava ad interrogarsi sul suo significato e sul perché della sua ubiquità, e potente, perché connetteva la nostalgia dell’infanzia con quella del futuro prossimo. Era come la promessa, di qualcosa di bellissimo e sconosciuto che sarebbe arrivato da lì a poco. Su quest’oca sentivo fiorire leggende. “La disegna una tipa. È la protesta contro la stupidità al potere, e contro la televisione.” “Sì, ho sentito dire che una volta ha preso una cartina topografica della città e ci ha disegnato sopra un’oca. Poi è andata a dipingerla sui muri seguendo il tracciato della cartina. È venuta fuori un’enorme oca, visibile da una prospettiva aerea, però nello stesso tempo virtuale.”
Quasi quindici anni sono passati da allora, ma a livello affettivo Peabrain rimarrà sempre il simbolo della mia giovinezza.
Monica Cuoghi e Claudio Corsello sono una coppia di bellissime teste, ben dischiuse e sintonizzate su frequenze molto difficili da captare. Sempre alla ricerca di sentieri nascosti, di luoghi privi di mappature ufficiali, di interstizi in fermento. La loro arte è stata mille cose: un modo per riappropriarsi della città, un inchino di fronte alla potenza della natura, una risposta criptata all’enigma della morte. Un gioco, una presa in giro di se stessi, un poema per la bellezza dei luoghi. La loro arte è stata soprattutto uno stile di vita magico, ovvero capace di generare nuove realtà.
L’oca Peabrain è la loro interfaccia più nota.
Laura Serri - "Repetita iuvant" - tecnica mista su carta da parati - 2008
Tappezzerie pastellate, perimetri interni e protetti, nidi pieni di bambagia a fiorami color confetto. Di quest’universo comodo e stanziale fanno parte anche le sedie, di varie fogge e formati. Dall’aerodinamico sdraio di design al canapè da Paolina Bonaparte, dalla poltrona della nonna a quella Luigi XIV, dal divano sfondato allo sgabello a nido anni Sessanta. Ed infine, i cervi. Aggraziati come ballerine sulle punte, leggeri, veloci. I cervi si spostano in branchi, e sono agli antipodi di quella stanzialità rappresentata da sedie e carte da parati. Se gli animali riprodotti nell’arte sono quasi sempre figura degli esseri umani, Laura Serri descrive l’utopia di un’umanità pura, leggiadra, che si contrappone all’ethos della forza e dell’aggressione.