Annabella Cuomo
Il primo amore non si scorda mai#1
tecnica mista su carta, 20 x 30 cm
2014
“Voglio un mondo in cui la vagina sia rappresentata da un taglio crudo e onesto, un mondo che provi sentimenti per le ossa e i contorni, per colori crudi e primari, un mondo che abbia paura e rispetto per le proprie origini animali.” (Henry Miller)
Passato e presente che convivono, si scambiano di posto, accorciando le distanze fino a farsi tutt'uno. È una danza romantica di reminiscenze, quella che nasce dalle opere di Annabella Cuomo (Brindisi, 1985), artista raffinata che sviluppa la sua ricerca sul recupero e la rielaborazione di immagini personali passate. Attraverso la riscrittura di vecchie foto in bianco e nero, l'artista indaga i limiti della nostra coscienza, messa alla prova dallo scorrere corrosivo del tempo e dalla sua azione fagocitante.
Elegante e accurato, l'intervento della Cuomo si realizza principalmente su foto di famiglia, reperti d'infanzia sottratti alla propria storia e messi a nudo per divenire archetipi universali di una memoria condivisa. Su tali frammenti visivi l'artista agisce mediante l'uso di grafite e pennarelli. In questo modo chiazze ed ombre scure invadono la composizione, volgendo ogni interpretazione verso territori ambigui e a tratti inquietanti.
Risultato simile, ma realizzato mediante soluzioni tecniche diverse, è quello raggiunto dalle sovrapposizioni analogiche di fotografie: in esse immagini paesaggistiche e figure di persone si incontrano e coesistono nello stesso scenario, dissolvendosi l'uno dentro l'altro fino a diventare visioni spettrali di una storia lontana, passata, o forse mai avvenuta.
Alex Urso
Se fosse una canzone suonerebbe così:
Gabriele Arruzzo
Proposta per il nuovo stemma della Repubblica Italiana, 2011
smalto e acrilico su tela, 180 x 180 cm
Immagini che si intersecano e sovrappongono, cariche di significati, estratte da contesti altri per convergere in una grande allegoria di cui l'artista è compositore. La ricerca pittorica di Gabriele Arruzzo (Roma, 1976) è un continuo mash-up di figure ed icone della Tradizione: che si tratti di elementi colti o pubblicitari, citazioni di opere di artisti del passato o frammenti visivi della cultura contemporanea, ogni componente viene rifatto, rimodellato e ricontestualizzato dall'artista attraverso una pittura fortemente grafica e ricca di cromie.
Mediante una tecnica accurata e rigorosa -basata sull'uso di smalti e acrilici su tela- i lavori di Arruzzo si presentano in questo modo come grandi enigmi visivi, eleganti, puliti e sempre marcatamente figurativi (sorprende a riguardo la minuzia pittorica attraverso cui ogni dipinto viene eseguito, elaborato con dedizione e meticolosa precisione).
E se il mistero rinascimentale fa capolino nei suoi quadri -tra solidi platonici e giochi di prospettiva-, se la fascinazione per la pittura tardo-ottocentesca è evidente nella ripresa di un raffinato simbolismo gotico e delle forme liberty, tutto viene condensato in una dimensione di dialogo diretto e immediato tra autore, opera e osservatore.
Alex Urso
Se fosse una canzone suonerebbe così:
Anna Capolungo
Periferia (TorinoNowhere 5), 2014
tecnica mista su carta applicata su tela
180 x 180 cm
“Non ho nulla da dire. Solo da mostrare. Non sottrarrò nulla di prezioso e non mi approprierò di alcuna espressione ingegnosa. Stracci e rifiuti, invece, ma non per farne l'inventario, bensì per rendere loro giustizia nell'unico modo possibile: usandoli.” (Walter Benjamin, Das Passagen-Werk)
Un mondo enorme, silenzioso, in perenne movimento quello delle periferie italiane, ridotte spesso a cumuli di cemento, memorie di un passato industriale folle, guidato alla cieca da una politica vile e menefreghista. Luoghi nati senza amore, senza cura per chi doveva viverci, deserti urbani che racchiudono i segni del tempo devastato in cui viviamo. E allora che fare? Parlarne, amare quei posti perduti, recuperando quella bellezza che in fondo è sempre stata lì, e non se n'è mai andata.
La ricerca pittorica di Anna Capolupo (Lamezia Terme, 1983) è tutta in questa volontà: giocare con la memoria dei luoghi abbandonati della città, rintracciarne la forza espressiva e la carica poetica, rievocando fantasmi e ricordi di posti apparentemente senza identità. Fabbriche, cantieri, discariche e luoghi in disuso sono i soggetti preferiti dall'artista che, con la dedizione di una paesaggista d'altri tempo, ritrae i panorami deturpati della nostra contemporaneità.
Portata all'attenzione della critica italiana grazie alle serie TorinoNowhere (2014) – studi sulle aree suburbane della città di Torino -, l'indagine artistica di Anna Capoluogo è principalmente una ricerca sul segno, sul gesto, e sulla materia. Acrilici, tempere e carboncini si sovrappongono nei suoi dipinti, riportando alla luce le ombre e i colori vibranti degli spazi metropolitani. In questo modo la pulsione grezza e graffiante dell'artista si fonde ad una consapevolezza tecnica giovane ma già matura, capace di esaltare con abilità il movimento (e il mutamento) dei luoghi cittadini, il loro divenire, il loro dissolversi nello spazio, e forse anche nella memoria.
Alex Urso
Se fosse una canzone suonerebbe così:
“La pittura è un universo-linguaggio e sotto questo aspetto l’operare sulla pittura è indagare, catalogare, raccogliere frammenti e segni e dare a tutto questo materiale una struttura logica (o arbitraria), che ci metta in condizione di condurre conversazioni (registrazioni) simultanee, che poi nessuna macchina (metodo estraneo al linguaggio in questione) sia in grado di classificare e risolvere in modo definitivo.”
(Gastone Novelli)
Artista prolifico e dalla forte attitudine sperimentatrice, Massimo Nota si inserisce in quella vasta generazione di pittori italiani prestati ai linguaggi dell'illustrazione, che trovano tanto su carta quanto su tela una felice capacità espressiva. Affascinato dalla spontaneità del gesto, Nota realizza dipinti su ogni tipo di materiale: che si tratti di tavole di legno, lastre di metallo, fogli di cartone o tela, ogni superficie sembra prestarsi alla sua creatività. Su di esse il pittore costruisce storie intriganti, dinamiche, ricomponendo – attraverso la pratica del collage – e riscrivendo, frammenti visivi tratti dal mondo esteriore (foto, ritagli e stracci di giornale).
Partendo da premesse pressoché informali, il risultato della sua ricerca si presenta come un canovaccio di dipinti che interrogano continuamente il soggetto, figura umana quasi sempre disturbata da interferenze visive, pennellate scure che ne cancellano i riferimenti dissolvendo ogni elemento all'interno di una composizione astratta. L'aggiunta di segni, lettere, crittografie e punteggiature, contribuisce inoltre a conferire irrequietezza al lavoro, creando un affascinante contrasto tra l'urgenza espressionistica del gesto e l'eleganza (leggerezza) di una poesia sottesa.
Alex Urso
Se fosse una canzone, suonerebbe così:
Lorenzo Di Lucido
Teoria delle catastrofi
mista su tela
140x100 cm
2014
“Se è vero che nell'arte è stato fatto tutto quello che poteva essere fatto, allora possiamo tornare di nuovo dipingere quadri.”
(Ryszard Wozniak)
Non ha mezze misure la pratica artistica di Lorenzo Di Lucido (Penne, 1983), votata con ostinazione al medium pittorico. Immagini dalla forte carica introspettiva caratterizzano la sua ricerca: figure silenziose e sommesse popolano le superfici dei suo dipinti, luoghi da scoprire passo a passo in un percorso interpretativo che annuncia e rifiuta ogni possibilità di lettura.
Contraddistinta dall'uso di tecniche tradizionali (olio su tela), la pratica di Di Lucido è costantemente giocata su un filo sottile, quello che collega astrazione e figurazione. Pur sottratto quasi sempre da un repertorio iconografico preesistente - disegni, fotogrammi cinematografici, immagini d'archivio - ogni soggetto ritratto dall'artista viene infatti reinterpretato attraverso una raffigurazione che ne sfuma o cancella i dettagli, focalizzando l'attenzione su significati specifici che vanno oltre la scena rappresentata. In questo modo il quadro diventa un contenitore di emozioni in divenire, in cui ogni messa a fuoco è ostacolata da un'atmosfera opaca e senza soluzioni definite.
Tra cancellazioni, coperture ed errori (o presunti tali), ogni dipinto si presenta come terreno anonimo, tabula rasa su cui si ammassano i ricordi e costruiscono le storie. La prassi artistica di Di Lucido è per questo caratterizzata da un senso di continua precarietà, che spinge l'osservatore non più ad assumere una posizione cercando una chiave di lettura adeguata, ma a prendere consapevolezza dell'immagine pittorica come immagine “problematica”, la cui interpretazione vive in un limbo irrisolto e si appaga nel dubbio.
Alex Urso
DEM - Busó con civetta (2013)
acrilico e china su carta 25 x 35 cm
Quello di DEM è un mondo surreale: creature oniriche e personaggi bizzarri popolano i suoi lavori, invitando l'osservatore ad entrare in contatto con situazioni labirintiche costantemente sospese tra reale ed immaginario.
Attivo nella scena street-art italiana dagli anni novanta, DEM è un artista multiforme, capace di passare da un medium all'altro (pittore, scultore, illustratore e regista) restando tuttavia sempre coerente con l'elemento distintivo che caratterizza la sua ricerca: creare ambientazioni soprannaturali in cui il tema di fondo è la costante ricerca di un equilibrio – forse impossibile – tra uomo e ambiente.
Che si tratti di tele, disegni o muri dipinti, infatti, tutta la ricerca artistica di DEM è guidata da una continua attenzione verso tematiche legate alla natura, esaltata in ogni sua forma. Per tali ragioni ogni opera dell'artista lodigiano sembra caratterizzata da una incessante tensione: quella tra una funzione altamente estetica, manifestata attraverso l'uso di colori vivaci e la creazione di composizioni sempre armoniose e regolari, e una funzione critica, perché volta ad investigare i limiti del rapporto tra uomo e ambiente circostante.
Figure pagane, riferimenti sciamanici e atmosfere sognanti riempiono le scene, creando un insieme di simboli in cui ogni componente è l'elemento di un linguaggio visivo affascinante ed arcano. Un mondo di metafore, quello costruito dall'artista, che coincidono tutte verso una sola e unica interpretazione: la natura è über alles!
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
DEM - Kukerocongufo (2013) china, acrlico e terra su carta 24 x 30 cm
DEM - Sourvakari (2013) china, acrlico e terra su carta 25 x 35 cm
DEM - Sourvakari con aquila (2013) china, acrlico e terra su carta 25 x 35 cm
DEM - Trois Fräres (2012) china, acrlico e terra su carta 24 x 30 cm
Marco Pariani, 214 (2014) tecnica mista su stoffa 90 x 90 cm
“Io sono in tutto una mia creazione. Avrei potuto seguire ciecamente la spinta della mia natura spirituale. Non volevo esser natura, bensì opera mia propria; e lo sono diventato per il fatto che lo volevo. Con illimitata sottigliezza avrei potuto render dubbiosa e oscurare quella che è la concezione naturale del mio spirito. Io mi ci sono abbandonato con libertà, perché mi ci volevo abbandonare”. (Johann Gottlieb Fichte)
Efficacia espressiva e forza del gesto. Le qualità di Marco Pariani (Busto Arsizio, 1986) sono tutte nella capacità di fuorviare da ogni regola compositiva esaltando immediatezza e segno. Che siano opere su carta o su tela, ogni lavoro di Pariani diventa la traccia di una storia che è stata: frammenti sbiaditi, figure dissolte, elementi del quotidiano che si rincorrono e intrecciano, mescolandosi in un canovaccio espressivo pieno di reminiscenze. Un mondo parallelo, quello disegnato dall'artista, che a giusta distanza osserva e rielabora abitudini, difetti, ossessioni personali e collettive.
Segni confusi, lettere, accenni di un discorso lasciato a metà, frammenti di una visione distratta. L'azione pittorica diventa con Pariani non il pretesto per una narrazione ordinata che faccia luce sul reale, ma la cronaca di un'occasione perduta, quella di captare ogni segnale del quotidiano risolvendolo sulla tela. Ecco allora che l'artista non è, in questo caso, narratore di storie, ma operatore diligente che raccoglie ogni frammento visivo con scrupolo, collocandolo in un magma sensoriale aperto ad ogni interpretazione.
Dissolvendo nello spazio ogni elemento figurativo, ciascun dipinto diventa piuttosto un omaggio al colore, esaltato con la presenza di vivaci campi cromatici che occupano la scena. L'uso di smalti, bombolette spray e penne, inoltre, rende ogni composizione assai più precaria, realizzando un puzzle espressionista in cui ogni elemento si stratifica all'altro senza una necessaria consequenzialità. Perché se tutto scorre rapido e senza direzione, tanto vale lasciar da parte il senso e abbandonarsi alle cose.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Marco Pariani 197 (2014) tecnica mista su stoffa 141 x 141 cm
Marco Pariani 216 (2014) tecnica mista su stoffa 90 x 90 cm
Marco Pariani 221 (2014) tecnica mista su carta intelata 30 x 40 cm
Marco Pariani 217 (2014) tecnica mista su stoffa 90 x 90 cm
Giovanna Noia
burning down the house
olio su tela
65x86cm
2014
Giovanna Noia
Brothers
Olio su tela
65x85cm
2014
Giovanna Noia
Trough
Olio su tela
80x100cm
2013
Giovanna Noia, Napoli 1975, vive e lavora a Roma
Per approfondire:
http://giovannanoia.blogspot.it/
Giro attorno a Dio, all’antica torre,
giro da millenni;
e ancora non so se sono un falco, una tempesta
o un grande canto.
(Rainer Maria Rilke - Da il Libro D'ore 1905)
Giovanna Noia, 1975, Sguardo profondo che legge tra le righe, e tra le righe construisce le sue trame. Racconti che strappano l'essenza dell'esistenza e la chiudono in una piega sottile della realtà. Un oggetto, una persona, una situazione. Piccole finestre sulla verità. Per comprendere devi guardare attraverso, cercare oltre. Devi dimenticarti la consuetudine della normalità apparente, e immergere la sensibilità nel magma indefinito del caos. Dove fuoco, acqua, aria e terra sono sintesi indivisibile intuibile soltanto con lo spirito. Dove la vita si svive in un'orgia di ossa e nervi, liquidi e cavità maleodoranti. L'essenziale. L'infinito. La legge della natura e il suo ciclico ripetersi sullo sfondo di qualsiasi epoca, dietro la linea dell'orizzonte. Tra le righe.
Copertine settimanali di lobodilattice a cura di Luca Beolchi
Umana
Sara Falli
acrilici e china su carta
50x70 cm
2013
Sara Falli
Umana (I)
tecnica mista su carta
20x30cm
2013
Sara Falli
Umana (II) ( serie Umana )
tecnica mista su carta
50x70cm
2013
Sara Falli
love kills (serie di diversi)
tecnica mista su carta
20x30cm
Sara Falli
La donna che respira foglie ( Umana III )
tecnica mista su carta
50 x70 cm
Sara Falli
love kills (II)
tecnica mista su carta
20x30 cm
Sara Falli, Firenze 1977, vive e lavora a Firenze
per approfondire: http://sara-falli.blogspot.it/
La poesia è il reale, il reale veramente assoluto. Questo è il nocciolo della mia filosofia. Quanto più poetico, tanto più vero.
(Novalis)
Sara Falli, firenze 1977. Ermeneutica e fenomenologia trascendentale. La natura è un tempio di simboli e corrispondenze*.
Il corpo è incatenato alla sua condizione terrena, schiacciato verso il basso dalla forza di gravità. Le mani della notte sono ipnotiche. L’oscurità è spaventevole e seduttiva. La malinconia dell'assenza ha toni grevi ed è una cocente risorsa.
Il gioco tra linea e colore è istinto ed intuizione. La luce certezza della scelta individuale consapevole. Sogno e realtà si mischiano nel gesto che cerca un universo finalistico. Il progetto è riscatto, più raramente catarsi, assoluzione.
Un giusto compromesso tra dolore ... e amore.
Copertine settimanali di lobodilattice a cura di Luca Beolchi
Note:
I)ermenèutica s. f. [dal gr. ἑρμηνευτική (τέχνη), propr. «arte dell’interpretazione»; v. ermeneutico]. (...) Più recentemente, nella filosofia contemporanea, il termine è stato assunto per indicare il metodo del comprendere proprio della filosofia, e in partic., nello storicismo e poi nella fenomenologia (spec. di M. Heidegger), l’istituzione di continue correlazioni tra il sé e l’essere in un processo che va dalla totalità delle manifestazioni umane alle sue parti e viceversa; con sign. affine, in alcuni teorici di critica letteraria, l’operazione interpretativa che consente al critico, attraverso un procedimento d’interiorizzazione, di raggiungere un contatto intersoggettivo con l’autore studiato. (Enciclopedia Treccani)
II)fenomenologìa Descrizione dei fenomeni, ossia del modo in cui si manifesta una realtà. In filosofia, il termine ha avuto fortuna a partire dalla Fenomenologia dello spirito (1807), in cui G.W.F. Hegel tracciò la storia delle manifestazioni dello Spirito. Oggi per fenomenologia s'intende l'indirizzo filosofico fondato da Edmund Husserl che, mettendo fra parentesi l'esistenza del mondo, lo riduce a un insieme di fenomeni che si danno alla coscienza e possono essere colti nella loro 'essenza' logica, universale e necessaria. Per Martin Heidegger, allievo di Husserl, fenomenologia significa così "lasciar vedere in sé stesso ciò che si manifesta", liberandolo dall'occultamento in cui rischiano di farlo cadere i nostri pregiudizi.(Enciclopedia Treccani)
III) Charles Baudleaire - "Corrispondenze" - da, "I fiori del Male". (Trad. di G. Raboni)
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l'uomo
attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.
Come echi che a lungo e da lontano
tendono a un'unità profonda e buia
grande come le tenebre o la luce
i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.
Profumi freschi come la pelle d'un bambino
vellutati come l'oboe e verdi come i prati,
altri d'una corrotta, trionfante ricchezza
che tende a propagarsi senza fine- così
l'ambra e il muschio, l'incenso e il benzoino
a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.