Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Francesca Ferreri.
Da dove vieni?
Sono nata a Savigliano, Cuneo, nel 1981 e vivo attualmente a Torino dove ho frequentato l'Accademia Albertina. Parallelamente ho seguito corsi di animazione cinematografica lavorando in un'azienda torinese e ho lavorato per anni come restauratrice nel settore affresco, collaborando con professionisti del settore.
Nonostante la mia pratica si possa considerare studio-based, il mio lavoro si muove con me o sono piuttosto io a seguirne gli spostamenti. Recentemente ho terminato un percorso di residenza ad Amsterdam, grazie alla collaborazione fra P/////AKT, associazione no profit olandese e Progetto Diogene di Torino.
Cosa fai?
Opero a partire da oggetti di uso comune, seguendo un criterio di integrazione e imitazione cromatica, creando sculture che ne ridefiniscono i confini e nuove identità. Per attuare questo processo mi avvalgo di tecniche del restauro sperimentate negli anni, e che hanno informato e strutturato il mio approccio alla scultura. Muovendo quindi dagli aspetti più concettuali e processuali del restauro, recupero l’idea di lacuna, che tale prassi intende colmare, elevandola a soggetto della mia opera. La lacuna bonificata non è più quindi solamente quella parte che permette al nostro occhio di scorrere liberamente sulla superficie, ma letteralmente trabocca e da semplice ponte di integrazione diviene soggetto principale. Le mie sculture possono essere lette come tentativi di ricostruzione, come elogi della lacuna, o non meno poeticamente come falsi ricordi.
Dove stai andando?
Recentemente ho riflettuto sul luogo inteso come oggetto - limite e mi sono soffermata sull'aspetto site-specific insito nelle grottesche di epoca romana. Lontano dagli aspetti puramente decorativi, penso che nelle grottesche si possano rintracciare importanti fondamenti, indicativi di una forte relazione con lo spazio.
Le figure delle grottesche infatti erano modellate secondo lo spazio disponibile e le geometrie che le contenevano erano la base per la formazione delle immagini, questo aspetto si riscontra anche più tardi nella plastica romanica. Credo che tutto ciò abbia influenzato la mia serie “Prove d'ascolto”, tuttora in progress, dove tento di realizzare ritratti a partire dalla considerazione del foglio e della sua forma rettangolare.
Cosa vuoi?
Sono interessata ai meccanismi della mente e cerco di rievocarne i processi attraverso la mia pratica. L'idea stessa di restauro ad esempio, che a partire da frammenti cerca di ricostruire un'unità perduta, mi sembra molto simile per tipologia di processo al funzionamento del richiamo dei ricordi, che avviene sempre a partire da dettagli. Ogni memoria viene ricostruita nella mente ad ogni richiamo e questo è causa della loro continua rielaborazione, della loro identità cangiante e mutevole, della loro transitorietà. Data la materia effimera del mio interesse, non sono interessata alla raffigurazione ma piuttosto alla rievocazione.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
PER APPROFONDIRE
www.francescaferreri.com
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Michele Papetti.
Da dove vieni?
Sono nato a Ravenna nel 1991. Vivo al mare, a Marina di Ravenna. Sono diplomato in grafica pubblicitaria al Liceo Artistico della mia città e ho frequentato per pochi mesi la NABA a Milano, per poi accorgermi che non era quello che faceva per me. A differenza di molti artisti che mi è capitato di conoscere io da bambino ho sempre disegnato poco e svogliatamente. Mi sono appassionato alla cosa nel febbraio del 2014, e ho iniziato a dedicarmici con particolare attenzione nell’estate dello stesso anno.
Cosa fai?
Mi occupo di pittura, grafica e illustrazione. Utilizzo principalmente i pennarelli, meglio se scarichi. Mi piace molto utilizzare anche i pantoni, gli acrilici e l’acquerello. Di meno i pastelli, perché non sopporto il rumore che fanno quando li uso. In generale mi piace sperimentare ogni tecnica a mia disposizione, anche se, non avendo uno studio vero e proprio e lavorando in camera mia - che è una mansarda - sono un po’ limitato per quanto riguarda le dimensioni. In generale la mia pratica artistica è molto spontanea, anche se paradossalmente non sono uno di quelli che disegna molte ore al giorno e fanno molti schizzi. Piuttosto penso in continuazione al disegnare, poi mi spuntano fuori delle idee e le realizzo.
Dove stai andando?
Ho appena fatto la mia prima mostra chiamata “Al macero”, con cui ho chiuso il mio primo ciclo di disegni (2014-2016), tutti accomunati da una certa metodologia di lavoro. Ora sto incominciando a pensare a qualcosa di nuovo, e soprattutto sto cercando uno spazio un po’ più ampio per lavorare, anche per provare a dedicarmi a tecniche quali la ceramica e l’aerografo. Mi piacerebbe inoltre trasferirmi in una realtà più stimolante, ma ci sono molte cose che mi legano al posto dove vivo. Quindi è un periodo di transizione, pieno di dubbi.
Cosa vuoi?
Inizialmente - e in tutta sincerità - ho iniziato a disegnare per mettere i miei lavori su Instagram, a caccia di like. Poi è diventata una sfida con me stesso, perché mi sono accorto che impegnandomi quotidianamente riuscivo a migliorare, e questo mi ha molto appassionato. Ora cerco di comunicare tutto quello che ho dentro e che magari faccio fatica a esplicitare. Comunque non so bene cosa voglio, di sicuro so che voglio continuare a sperimentare ed evolvermi.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
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Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Valerio Melchiotti.
Da dove vieni?
Vengo dalla provincia di Verona, ho 48 anni e ho frequentato il liceo artistico. Finiti gli studi mi sono reso indipendente andando a vivere nella casa-studio dove attualmente risiedo, sempre a Verona.
Cosa fai?
Faccio il pittore con un lavoro abbastanza aderente ad un certo realismo. Tutto però è filtrato da una dimensione psicologica e da una visione del mondo ricca di mistero e incongruenze.
Dove stai andando?
La mia ricerca attuale si sta sviluppando nell'approfondimento della narrazione. Mentre solo pochi anni fa il mio limite era dato dal proporre solo e unicamente il ritratto, ora, attraverso la costruzione di veri e propri teatrini, cerco di portare maggior complessità alle mie tele. In parole povere realizzo scene con personaggi nelle fattezze collegate al nostro passato recente ma con l'intento finale di descrivere il nostro mondo attuale o quello che verrà.
Cosa vuoi?
Vorrei attraverso una stesura sempre più sintetica giungere alla narrazione non tanto di quello che ci circonda ma di andare oltre provando ad ipotizzare ciò che sarà di noi dopo la globalizzazione. Una sorta di rivoluzione nostalgica fatta di visioni del futuro dove tutto è frammentato, i social non esistono più, e il mondo ha fatto un balzo all'indietro di secoli. Senza catastrofismi e con un approccio razionale al nuovo del "giorno dopo".
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Caterina Rossato.
Da dove vieni?
Sono nata a Lecco nel 1980 e oggi vivo tra Bassano del Grappa, Venezia e le montagne del Trentino. Mi sono formata all’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo (2006) per poi spostarmi a Venezia al corso di Progettazione e Produzione delle Arti Visive allo I.U.A.V. (2010), dove ho successivamente conseguito il Master in Interactive Arts (2015). Parallelamente ho studiato pianoforte per sedici anni presso i Conservatori di Musica di Como e Castelfranco Veneto. Sono appassionata di mnemotecnica.
Cosa fai?
Creo immagini che contengono una visione combinatoria di possibili universi. Molteplici punti di vista si mescolano all’interno di un’unica composizione che non ha più nessun legame spazio temporale con la realtà e tenta di sintetizzarla in un presente fatto di innumerevoli presenti. Nelle mie immagini è come se fosse possibile viaggiare nel tempo, salire una montagna ed essere di nuovo a valle, sentire di riconoscere qualcosa ma essere disorientati allo stesso tempo, cercare conforto in una sorta di spaventosa unità del visibile che però non è possibile ad uno sguardo umano.
Dove stai andando?
Nei miei ultimi lavori utilizzo nuove tecnologie multimediali, software per l’interazione e frese a controllo numerico, per creare immagini e sculture in cui si sovrappongono e si intersecano diversi punti di vista sul paesaggio.
Cosa vuoi?
Penso spesso alle fotografie che non sono state scattate e al loro esistere solo a livello latente nella memoria di chi le ha vissute, nel mio lavoro cerco di ricostruirle inserendo in un’immagine tutte le possibili varianti di cui potrebbero comporsi.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Gabriele Salvo Buzzanca.
Da dove vieni?
Sono nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1986 e cresciuto a San Giorgio di Gioiosa Marea, un paese di mare nel messinese. Il mio percorso di studi è iniziato all'Accademia di Belle Arti di Palermo e si è concluso a Venezia, sempre in Pittura, dove attualmente vivo.
Cosa fai?
Dipingo ed esploro il colore. Cerco di non ripetere ciò che è già stato. Quando ottengo un risultato, anche buono, ne prendo le distanze e vado avanti, a rischio dell'estetica, per inoltrarmi in un qualsiasi altro discorso che possa darmi piacere e non noia.
Dove stai andando?
Verso una pittura che tenta di ottenere nuovi risultati in ogni opera, principalmente indagando il volto e gli atteggiamenti umani, ma anche altro. I metodi sono vari e istintivi, influenzati da suggerimenti e suggestioni che l'opera stessa mi offre; questo mi consente di confrontarmi con più possibilità di realizzazione finché non ottengo qualcosa che mi incuriosisce. Parto dal tradizionale per allontanarmici e osservarlo da distante, senza abolire ripensamenti e la crudezza forma/colore intrinseca in essi.
Cosa vuoi?
Dipingo per necessità, mi interessa poco ciò che la pittura voglia comunicare, anche se è inevitabile che accada. L'unica cosa che conta è che la vista sia eccitata dal complesso. Una chiave di lettura è sempre offerta dall'artista ma spesso non è interpretabile come egli intende, quindi preferisco che siano gli altri a voler qualcosa dalle mie opere.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Salvatore Alessi.
Da dove vieni?
Sono nato in Sicilia, nell'entroterra più depresso e proprio per questo più violento e selvaggio. Sono un quarantenne vissuto in diverse realtà culturali: ho studiato scenografia a Palermo e poi ho cominciato a lavorare a Roma con la storica galleria "Il Polittico" per approdare, infine, a realtà internazionali in America e in Europa. La mia formazione è eclettica, da bambino studiavo la storia dell'arte e parallelamente il cinema in tutte le sue varianti. Queste mie grandi passioni si sono poi successivamente fuse nel mio lavoro pittorico.
Cosa fai?
Cerco di fare il pittore. Amo l'odore dell'olio e la fragranza della trementina, lo scoppiettio del colore denso che si stende e viaggia. Tutto questo crea un mondo stratificato che diventa tattile, che respira e si fa respirare.
Dove stai andando?
La mia ricerca è in continua trasformazione come tutte le ricerche. Partendo dall'iperrealismo gradualmente sono passato ad una ricerca più personale che includeva la mia percezione del mondo cercando di far vivere diverse visioni con diverse materie nella stessa immagine.
Cosa vuoi?
Con le mie opere principalmente cerco di mettere alla prova me stesso e l'idea che ho della realtà. Cerco di raccontare un'idea che ho di esistenza non censurando gli aspetti più scomodi e più ostici di essa. Spero sempre che i miei dipinti possano trasmettere tutto questo, bellezza e orrore, armonia e disordine. In ogni caso io ho dato quello che potevo e comunque mi sono esposto; e questo, che piaccia o no, spero si espliciti.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Azadeh Ardalan.
Da dove vieni?
Sono nata nel 1983 in Iran, dove fin da piccola età ho cominciato ad imparare diverse lingue straniere: tedesco, inglese, italiano e francese. Poi mi sono trasferita a Bologna e mi sono iscritta al corso di Lingue e Letterature straniere. Ho avuto alcune esperienze teatrali e cinematografiche che mi hanno aiutato tanto anche nella pittura. Per il momento vivo e studio a Bologna.
Cosa fai?
Dipingo e disegno da più di dodici anni, ma l'inizio del mio percorso artistico parte dall'eta infantile, perché essendo cresciuta in una famiglia di artisti, sono sempre stata esposta all'arte. Nella pittura, negli ultimi anni, ho cercato di costruire un'immagine netta di quello che voglio realizzare, assecondando il fattore di “imprevedibilità” che la pittura per sua natura comporta.
Dove stai andando?
Penso di possedere delle potenzialità che mi potrebbero aiutare a migliorare nella pittura. Certamente, per quanto riesco, continuo il percorso artistico che ho già cominciato.
Cosa vuoi?
Vorrei essere più precisa nel comunicare le mie idee. Vorrei creare opere più potenti.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Ettore Pinelli.
Da dove vieni?
Ho trentuno anni e sono nato a Modica, dove vivo e lavoro attualmente. Nel 2002, a diciotto anni, mi sono trasferito a Firenze per studiare all’Accademia di Belle Arti, dapprima Pittura e successivamente Progettazione e Cura degli allestimenti fino al 2010. Ho vissuto esperienze formative notevolmente diverse, ad esempio LAB: uno studio condiviso tra dieci giovani artisti internazionali ed italiani a Firenze, dove realizzavamo progetti site-specific, aprendoci ai primi confronti con curatori ed artisti di fama internazionale, invitati a visitare i nostri open-studio. Poi ci sono stati anche gli anni di cura degli allestimenti, diviso tra il Centro per l’Arte Contemporanea Pecci di Prato e alcune gallerie private, non meno formative per il mio percorso.
Cosa fai?
Mi considero un disegnatore ed un pittore, evidenziando così la diversità tra le due pratiche, che volontariamente tento di contaminare l’una con l’altra. La mia ricerca, da circa un paio di anni, si concentra su quella parte documentaristica di immagini ed informazioni che segnano la nostra esistenza ma non il nostro vissuto personale. Mi riferisco al fermo immagine estrapolato dal web e altri media, a immagini cruente di scontri, violenze, sommosse, restituite tramite pittura e disegno al limite tra una rappresentazione figurativa ed una informale.
Dove stai andando?
Credo di non saperlo e di non curarmene, vorrei sempre andare avanti con un bagaglio di dubbi, perplessità e curiosità, una condizione che detta i tempi della riflessione e dell’equilibrio, necessari in una pratica come quella della pittura e del disegno. Vorrei (e questa è invece una volontà) riuscire a contaminare maggiormente il linguaggio pittorico e successivamente svelarlo come un prisma scompone un fascio di luce, attraverso ogni suggestione ed ogni riferimento, ogni livello di lettura o possibile livello di lettura.
Cosa vuoi?
“Tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in certo senso terribile, o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore, è una fonte del sublime; ossia è ciò che produce la più forte emozione che l'animo sia capace di sentire”.
Citando il concetto di “sublime” per Burke, posso fornire una guida alle immagini e un’analisi della nostra percezione rispetto ad esse. La paradossale idea di ciò che desta terrore, riconsiderata ad una certa distanza, media la forte carica emozionale e si traduce in piacere, quindi in bellezza. La mia volontà è rendere la pittura mediatrice, un mezzo capace di riportare la percezione dell’osservatore a una condizione più autentica.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso
Poche domande, semplici e dirette, per conoscere un artista.
Questa settimana è la volta di Lapo Simeoni.
Da dove vieni ?
Sono nato ad Orbetello, in provincia di Grosseto, nel 1979. I miei genitori, Carla Simeoni (attivista) e Angelo Quattrocchi (scrittore e giornalista underground), si sono spostati verso la fine degli anni Settanta in Maremma, dove sono cresciuto. Ho studiato a Grosseto Grafica Pubblicitaria e successivamente Arte e Design alla Central Saint Martins di Londra. Da cinque anni vivo a Berlino, una città fantastica e piena di contraddizioni, la quale mi ha dato input e interazioni propositive. È un punto di incontro tra tanti artisti e questo aiuta a capire meglio il proprio lavoro e a inserirlo in un contesto più ampio.
Cosa fai?
Il mio lavoro di ricerca si sviluppa in parallelo alla cronaca e all'evoluzione geopolitica globale. Affronto temi sociali universali o specifici (consumismo, comunicazione, immaginario collettivo) tra passato/presente/futuro, lavorando su una timeline indefinita. Utilizzo i media e le tecniche più adatte alla massima rappresentazione ed evoluzione di un concetto, cercando di mantenere sempre un linguaggio e una identità personale. Sono molto attratto dalla stratificazione visiva di un'idea nel tempo e su più livelli; mi interessa lo sviluppo di Internet e delle potenzialità, in particolare la sua interazione con l´arte e la sua anima.
Dove vai?
Posso vedere il mio percorso come una naturale evoluzione delle mie idee. È molto difficile rapportare la propria vita con l'arte contemporanea, perché molto spesso le due entità sono scollegate. Io ho l'utopia e l'esigenza di ricollegare questa mancanza tra arte e vita nella forma che più mi piace, senza essere troppo coinvolto nel “sistema dell'arte contemporanea”, del quale pure faccio inevitabilmente parte.
Lavorare sui meccanismi e sul valore dell'arte è un aspetto che sto approfondendo in questi ultimi tre anni. Essere parte di un sistema economico completamente piramidale mi porta ad elaborare delle serie valutazioni su ciò che ha veramente valore o no. Mi chiedo: quello che realizzo, come si trasformerà nei decenni o secoli successivi? Il mio lavoro è parte di un sistema economico o può davvero essere uno specchio del tempo?
Cosa vuoi?
Vorrei creare dei portali temporali, ed opere più interattive e condivisibili possibile, per mettere in collegamento l'opera con lo spettatore. Ho realizzato una serie di opere nella quale ho inserito un telefono in modo che il collezionista (o qualsiasi acquirente che voglia acquistare l'opera) abbia un collegamento diretto con l'artista; in un altra opera ho inserito un cellulare: lo spettatore potrà rispondere al telefono quando chiamerò per creare un contatto più umano e diretto tra artista/opera/spettatore. L'opera prenderà così vita e lo spettatore diventerà parte dell'opera: in questo modo ho voluto creare un rapporto tra produttore/consumatore diverso da quello imposto dal sistema. Vorrei realizzare tutti i progetti che ho accumulato nella mia memoria.
Copertine settimanali di Lobodilattice a cura di Alex Urso